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Parafrasando, ironizzando e lasciando da parte i moralismi, Vittorio Sgarbi torna afare il suo mestiere e ci parla del culo». Lo storico dell’arte inquadra perciò la raffigurazione del fondoschiena in una storia millenaria dove la provocazione ha poco respiro. «Il culo? Lo abbiamo tutti, uomini e donne». Nell’arte, a partire dalla classicità, è una presenza costante. Com’è naturale che sia «Il culo ha una forma pura sferica o semisferica, in linea generale rientra nel nudo accademico, anatomico, non ha una componente particolarmente provocatoria».Il culo rappresenta l’abbondanza, la fortuna. Di uno di cui si dice che ha culo significa che lì c’è materia, c’è grasso, c’è carne ».«Nel mondo antico sono tanti i culi in massima evidenza. Sottolineo l’Efebo di Mozia, che pure è velato ma una mossa del fianco serve proprio a evidenziare quelle forme sotto la veste. Tutte le sculture antiche sono fatte per essere viste non dal punto di vista frontale ma girando intorno. Pensiamo alla Venere di Milo».In epoche più recenti, «Il capolavoro di fine ‘500 della Fuga in Egitto di Caravaggio con l’angelo in primo piano: ha il culo preminente tra i panneggi, è velato ma evidenziato come palese richiamo erotico e sensuale. Oppure nel secolo scorso nel suo Vittoriale D’Annunzio mise un San Francesco stilizzato di uno dei suoi scultori, di nome Barbetti, che con sembra abbracciare quella parte femminile particolarmente prorompente di una Venere nuda. Un uso provocatorio non è inedito».Nell’arte contemporanea «Tra coloro hanno meglio rappresentato il culo possiamo ricordare l’inglese Lucien Freud e soprattutto la più grande pittrice vivente, allieva di Freud stesso, Jenny Saville: lei rappresenta corpi contratti, costretti, umiliati, schiacciati, ha evidenziato il culo pure in una dimensione dolente e in modo ripugnante. Non risparmia la contrizione ».