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Armando Persico è l’ unico italiano in lizza per il Global teacher prize. “Insegno ai ragazzi a inventarsi un lavoro”«Mio padre faceva il muratore e voleva che imparassi ad usare la cazzuola come lui. Però sognava un figlio laureato. Ho realizzato i suoi desideri, sono diventato commercialista. Poi ho rinunciato ai soldi per fare l’insegnante. Convinto che per regalare un futuro ai ragazzi bisogna unire studio e lavoro, fantasia e impresa».Sognatore concreto, idealista del possibile, Armando Persico, passione per Goethe e solide radici bergamasche, insegna da un quarto di secolo economia aziendale e materie giuridiche negli istituti tecnici lombardi. Sorriso aperto, occhiali spessi e ottimismo, Persico, dopo essere stato docente europeo dell’anno, è l’unico professore italiano in lizza per il Nobel mondiale degli insegnanti: il Global teacher prize della Varkey Foundation che vede in gara 50 professori, scelti tra 20mila di 179 nazioni, per il premio da un milione di dollari.Goethe cosa c’entra con l’economia?Diceva: “Trattate un essere umano per quello che è, e rimarrà quello che è. Trattate un essere umano per quello che può e deve essere, e diventerà quello che può e deve essere“. Questa frase di Goethe mi ha sempre colpito, penso che il maestro abbia questa missione con i giovani: scoprire le loro potenzialità, dare fiducia, occasioni».«Incentivare la creatività dei ragazzi, dare una speranza anche ai giovani immigrati, perché è il lavoro che aiuta l’integrazione. Troppi rinunciano a studiare o non trovano un posto, il mio obiettivo è appassionarli allo studio, dando fiducia alle loro idee, creando in classe piccoli imprenditori, inventori. E funziona: gli studenti hanno trovato lavoro grazie al rapporto con le imprese e rinnovato aziende grazie alle loro idee».il 20% dei miei 450 alunni ha creato imprese che danno lavoro a 800 persone, senza contare che hanno vinto 16 premi europei e altri nazionali: chi ha aperto un negozio di succhi di frutta e cibo biologico, chi ha rilanciato il ristorante cinese dei genitori».