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Quest’anno 2016 sarà ricordato come l’anno che ci ha portato via alcuni grandi esponenti della cultura, dell’arte e della politica italiana. Dopo Umberto Eco, Marco Pannella, Azeglio Ciampi, ci ha lasciato un gigante, Dario Fo. L’archetipo dell’intellettuale impegnato e libero, artista tanto più grande quanto più impegnato, all’incontrario di quelli impegnati al servizio di un’ideologia, che perdono progressivamente la forza creativa dell’artista. Questa sua frase esprime la sua forza : In tutta la mia vita non ho mai scritto nulla per divertire e basta. Ho sempre cercato di metter dentro nei miei testi quella crepa, capace di mettere in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po’ le teste. Tutto il resto, la bellezza per la bellezza, non mi interessa. Lo vidi la prima volta al Teatro Nuovo a Milano nel 1958, con Franca Rame in una delle loro prime commedie ‘Gli arcangeli non giocano a flipper’. Ero da poco arrivato a Milano e mi sembrò una città fantastica, con giovani attori straordinari che recitavano nei grandi teatri. Poi lo rividi alla Camera del Lavoro, alla palazzina Liberty, e in altre sale di periferia. Nel 1969, ero con Laura a fianco a lui , alla coda di un corteo del PCI a Porta Venezia; gli dissi tu dovresti essere in testa e lui, con la sua solita risata, rispose: l’elefante deve essere punto nel sedere per correre. Era già distante dal PCI, ma era comunque presente.Nel 1997 mentre viaggiavo da Milano a Chiusi sentii alla radio la notizia del Nobel per la letteratura e mi commossi. A 20 anni di distanza mi commuovo anche oggi sentendo che il premio Nobel per la letteratura è stato conferito a un altro giullare, Bob Dylan. La giuria del Nobel ci sorprende ancora una volta. Ciao Dario, avevi appena festeggiato i novant’anni al Piccolo Teatro nel marzo scorso. Che i tuoi disegni possano fare un lungo viaggio nelle scuole.