per l'etica laica, sociale e autodeterminata
Ho nelle orecchie la voce di quella ragazza americana che parla con il poliziotto che ha appena sparato al suo ragazzo. Ho negli occhi le immagini di quell’agente di Dallas assassinato alla schiena, nel modo più vigliacco. Leggo della morte, in Italia, di un ragazzo nero ucciso da chi aveva definito sua moglie una scimmia. Siamo appena reduci dagli orrori di Istanbul e di Dacca. Viviamo, quasi inconsapevoli, in una escalation rapida e infernale della violenza, verbale e fisica. Allora io scrivo a voi, dispensatori di odio. Scrivo a voi che non accettate l’esistenza dell’altro, che negate il diritto di avere una fede, un colore della pelle, un’idea politica, un amore diverso dal vostro.n Scrivo a voi che usate le parole come clave, che insultate chi non la pensa come voi, che vi sentite depositari di un sapere che forse domani diventerà il suo contrario. Scrivo a voi che non sapete la bellezza del dubbio, voi che pensate che la vita sia davvero senza se e senza ma, che rifiutate a priori l’idea che un altro possa mai avere ragione. Scrivo a voi che riempite le 140 parole di un tweet di entusiasmo quando muore qualcuno che non era come voi o che aveva avuto il torto del successo nella vita. Non vi meravigliate, voi, se poi succede quello che è successo a Fermo, civile cittadina del centro Italia. L’odio è un virus, cambia colore e forma, come una malattia imprevedibile. E presto diventa metastasi e genera spasmi violenti. L’odio nasce dalle parole, la più delicata forma di vita che esista. Ma contano anche le nostre parole, la nostra responsabilità. Urlare o ragionare, insultare o rispettare sono scelte che ciascuno di noi deve fare, dentro di sé. Nel fumo del gas delle docce di Birkenau sono passati gli ebrei, gli antifascisti, gli omosessuali, gli zingari. Ognuno di loro era diverso dal nazismo o dal fascismo perché aveva una religione o un pensiero proprio, non conforme all’ imposta “normalità”. Dai gulag staliniani sono passati quelli che disobbedivano al partito e quelli che avevano un altro modo di ragionare. Avevano altre idee. Le idee: alimento rivoluzionario, meraviglioso e permanente stimolo sovversivo. Le idee non vivono in un recinto, hanno bisogno di praterie libere.