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Dopo che giovedì scorso l’attore Roberto Benigni aveva – nei toni sempre poco solenni dei suoi interventi – parlato a favore del Sì al referendum costituzionale, molti sostenitori del No lo hanno attaccato personalmente anche in forme molto aggressive e volgari. Tra questi anche diversi militanti o elettori di sinistra, abitualmente simpatizzanti delle stesse cause sostenute da Benigni nel tempo, o dei suoi attacchi contro il centrodestra o contro Silvio Berlusconi.Su Repubblica di venerdì il filosofo e scrittore Massimo Recalcati ha usato la questione per cercare di analizzare le ragioni della grande violenza con cui spesso molte persone di sinistra si rivolgono nei confronti di persone della loro stessa parte politica nel momento in cui le considerano “traditori”. E’ la malattia della vecchia sinistra, il tradimento. L’accusa patologica di tradimento implica innanzitutto l’idea di una degradazione antropologica del traditore, di una sua irreversibile corruzione morale. Non un cambio di visione, non la formulazione, magari tormentata, di un giudizio diverso, non l’esistenza di contraddizioni difficili da sciogliere, non il travaglio del pensiero critico. Niente di tutto questo. Il traditore è colui che ha venduto la propria anima al potere, al regime, al sistema. È l’accusa che risuona oggi, non a caso, nella bocca di diversi intellettuali schierati per il No rivolta verso quelli che sostengono le ragioni del Sì: venduti, servi, schiavi dei “poteri forti”.