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La Francia, il Paese dove sono nato 80 anni fa, è stata ancora una volta colpita da una strage terribile, nella notte di festa del 14 luglio sul lungomare di Nizza centinaia di persone e bambini sono stati travolti e schiacciati da un camion di 10 metri che procedeva ad alta velocità a zig zag. Mio padre e mia madre, perseguitati dal fascismo, si rifugiarono in Francia nel 1932. La Francia accolse a braccia aperte i rifugiati dall’Italia, dalla Spagna franchista, dal Portogallo di Salazar e anche dalla Germania di Hitler. Mio padre combattè la Resistenza in Francia e nell’inverno del 1944 rientrò clandestino in Italia, per partecipare alla Liberazione. Poi ritornammo tutti a Trieste. Nel 1954, concluso il liceo, io ritornai in Francia, da solo, per raggiungere mio fratello e iscrivermi all’Università. Ricordo le parole che mi disse allora mio padre: ricordati Giorgio che i francesi non ti accoglieranno a braccia aperte, alcuni ti rivolgeranno delle battute dure, non reagire, cerca di capire. Abbiamo tradito la fiducia della Francia nel 1940, quando invasa dai tedeschi, in ginocchio, Mussolini occupò Nizza e Mentone. Fu una pugnalata. Io risposi, noi eravamo antifascisti. Ma mio padre mi disse, no, in quanto italiani siamo stati tutti corresponsabili di quella vigliaccheria. La Francia con la sua rivoluzione ha mostrato all’Europa intera la strada della libertà, è stata la culla del socialismo democratico, ha accolto i nostri emigrati in cerca di lavoro prima e poi i nostri rifugiati politici. Le dobbiamo gratitudine. Ecco perché la Francia è il mio Paese, come lo è l’Italia. E soffro quando sento molti italiani che rimproverano ai francesi di essere presuntuosi e sono contenti quando perdono, dimenticando quanto hanno fatto per noi. Ti amo, Francia, e oggi piango con te.