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Nadia Murad è testimone vivente dell’orrore, chiede giustizia e libertà per le vittime del dramma yazida, un popolo di alcune decine di migliaia di persone, insediato ai confini fra Siria, Iraq e TurchiaIl 16 settembre, in occasione della Giornata internazionale della Pace, Nadia Murad sarà nominata Ambasciatrice di Buona Volontà per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC). La giovane donna irachena della minoranza yazida è impegnata da molti mesi in un’infaticabile attività di informazione e sensibilizzazione della comunità internazionale verso la tragedia del suo popolo. E questo riconoscimento, che le sarà offerto alla presenza del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, testimonia la forza della sua battaglia.Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato, ha ascoltato Nadia Murad raccontare la sua storia quando, a maggio di quest’anno, l’ha ricevuta, insieme a un rappresentante dell’associazione Yazda, a Palazzo Madama: una storia di violenze atroci, perpetrate dalle milizie dell’Isis contro gli abitanti del suo villaggio e di tutti i territori abitati dagli yazidi in Iraq e in Siria. Non si conosce, ad oggi, il numero preciso dei civili uccisi in questa campagna di morte. Di recente, la scoperta di 72 fosse comuni ha portato alla luce forse 15mila corpi, che si aggiungono a quelli già rinvenuti nei mesi passati lungo le rotte che dal Monte Sinjar conducono a Mosul e a Raqqa.Sono state almeno 5mila, invece, le persone rapite, in maggioranza giovani donne che i soldati del nuovo Califfato hanno stuprato e violentato, comprato e venduto. Tra di loro, c’era la ventiduenne Nadia, che è riuscita a fuggire trovando asilo in Germania, e oggi, come testimone vivente dell’orrore, chiede giustizia e libertà per le vittime di quello chiede di chiamare con il nome che merita: genocidio