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Troppo figli e poco adulti. Drammaticamente “neet”. Preoccupati da disoccupazione e povertà. Precari e senza casa. Però, anche, cosmopoliti, colti, pronti a viaggiare, refrattari al matrimonio ma non certo all’amore, surfisti del mondo delle Reti ( 4 ore al dì con lo smartphone in mano) distanti dalla politica ma non dalla solidarietà. L’Istat racconta quanto è difficile essere giovani oggi in Italia per i figli dell’euro e dell’Erasmus, coppie ma non famiglie (ci si sposa a 34 anni) con la voglia di essere genitori ma senza il coraggio di diventarlo. Prime generazioni con un’istruzione universitaria di massa, eppure a tre anni dalla laurea soltanto il 72% ha un lavoro e quasi sempre precario. E dunque disposti ( a parole), nel 42% dei casi, ad emigrare all’estero come i loro bisnonni pur di sopravvivere. In realtà vanno all’estero circa il 10%. . Di questi poi, oltre metà, dopo poche settimane tornano indietro, perché la vita da soli all’estero è dura, almeno nei primi due anni. Sono diplomati o laureati, ma non hanno iniziativa e preferiscono crogiolarsi nel nido di casa. In fondo aveva in gran parte ragione il buon Padoa Schioppa. Ci sono per fortuna anche i giovani che si lanciano in nuove iniziative, che resistono all’estero rimboccandosi le maniche. Si affermano, creano nuova occupazione, ma sono ancora troppo pochi. Forse spetta alle Istituzioni dare la sveglia ai giovani, dare loro la spinta a buttarsi, il vecchio metodo, sempre valido, per imparare a nuotare.