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Franco Sedmak, da 34 anni in mare, triestino, è il comandante della nave oceanografica Ogs Explora: l’unica italiana capace di arrivare al Polo Sud, con strumenti avanzatissimi per scandagliare i fondali, raccogliere campioni di acqua e carote di sedimenti, tracciare i confini della banchisa, studiare il clima L’equipaggio e l’armatore sono napoletani. Insieme all’equipaggio 20 scienziati. La nave è partita martedì da Crotone , rotta Antartide. Ora è a Creta. Si torna a marzo, fra 35mila miglia. «la vecchia signora », come la chiama il comandante. L’Explora, quasi cinquant’anni di onorato servizio fra polo nord e polo sud, un vecchio timone a ruota e qualche scritta in tedesco. La Germania è la sua patria di origine. Poi, nel 1987, è entrata nelle mani amorevoli dell’Ogs, l’Istituto di oceanografia e geofisica sperimentale di Trieste che l’ha già portata dieci volte in Antartide. «Abbiamo appena finito di adattarla per questo viaggio» dice della sua creatura Franco Coren, geofisico e direttore delle infrastrutture dell’Ogsm. . L’Antartide è rimasto l’unico posto incontaminatosulla Terra. Neanche l’Artico ormai lo è più. Lì il ghiaccio che diminuisce si nota. Al Polo Sud non puoi mai dire. Un giorno sei intrappolato nel pack, poi alla prima sventolata ti liberi». Enzo, all’undicesima missione, lo ammette: «È noioso. Tutto bianco». Per Coren «è duro», specialmente quando devi – per esempio – «calare il cavo per la prospezione sismica da poppa» a un paio di metri da un mare invivibile, imbragato a una fune. «In Antartide – spiega il geofisico triestino – le mappe del fondo oceanico sono limitate. Nella zona dove andremo, il mare di Ross, non esistono proprio». Una serie di sonar e scandagli, montati sotto alla chiglia o trainati da cavi, ricostruiranno il fondo del mare in tre dimensioni per scoprire faglie sismiche o resti di frane antichissime«La nave costa 2 milioni l’anno solo di mantenimento» spiega Coren. «Quella quota ce la fornisce il Ministero dell’università e ricerca. Ma per svolgere le missioni abbiamo bisogno di altri fondi. Li troviamo lavorando per i privati». Explora fa studi per compagnie petrolifere, per la posa di cavi elettrici, telefonici od oleodotti. «A pagarci sono aziende private, l’Europa o stati esteri come la Germania. In questo modo raccogliamo gli altri 4 milioni che ci permettono di far navigare la barca».