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La notte di San Lorenzo, cioè la notte scorsa tra 10 e 11 agosto, è per tradizione associata al fenomeno delle stelle cadenti, fenomeno che dura fino alla notte del 13 agosto: quelle che attraverseranno il cielo, però, non sono “stelle” ma frammenti meteorici fatti di polvere e roccia, che si sono distaccati dai nuclei delle comete e hanno formato degli “sciami meteorici”. Quando la Terra, girando attorno al Sole, passa in una regione del cielo in cui sono presenti questi detriti, li urta a una velocità di 59 chilometri al secondo: l’impatto fa sì che le meteore si incendino diventando delle “palle di fuoco”, che sfrecciano nel cielo e producono l’immagine delle stelle cadenti visibili a occhio nudo dalla Terra. Il fenomeno delle stelle cadenti è stato osservato per millenni: tra le prime notazioni su quanto accadeva nel cielo in questo periodo dell’anno ci sono quelle di astronomi cinesi, risalenti al 36 dopo Cristo. Le scie luminose vengono anche chiamate “lacrime di San Lorenzo” perché un tempo il momento di massima attività si verificava il 10 di agosto, in corrispondenza del giorno in cui si commemora il santo cristiano, e secondo la tradizione le stelle cadenti ricordavano i tizzoni ardenti su cui San Lorenzo era stato martirizzato. Giovanni Pascoli nella poesia “X Agosto” parla di lacrime celesti:«San Lorenzo, io lo so perché tanto/di stelle per l’aria tranquilla/arde e cade,/perché si gran pianto/nel concavo cielo sfavilla… » A scoprire invece il rapporto che c’è tra le comete e gli sciami meteorici fu nel 1866 l’astronomo Giovanni Schiaparelli, che osservò che l’orbita dello sciame delle Leonidi coincideva con quella della cometa Tempel-Tuttle, e formulò per primo l’ipotesi – che in seguito si rivelò esatta – che gli sciami meteorici potessero essere residui lasciati dal passaggio delle comete.