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Le cascine familiari e gli orti sono un ricordo del passato, il futuro è extralarge, scrive Ettore Livini su Repubblica . l’80% dei beni alimentari consumati negli Usa è prodotto nell’8% delle aziende agricole, dove crescono stipate fino a 100mila galline. La dimensione media degli appezzamenti di lattuga industriale, per dare un’idea, è pari a 1.370 campi di football americano. Il nome tecnico di queste megalopoli per animali è Cafo (“Concentrated animal feeding operation”), come si chiamano in America le 50mila “factory-farm” che ospitano oltre mille vacche o più di 100mila galline l’una, stipate in spazi strettissimi. Il 72% dei polli che finiscono nei piatti Usa, il 55% dei maiali e il 74% dei bovini, nasce, vive e muore in queste realtà. Spesso senza aver mai calpestato un filo d’erba Il rovescio della medaglia è l’uso eccessivo di ormoni e antiparassitari oltre al rischio di inquinamento.La chiamano agricoltura. Da tempo però, almeno negli Usa, è diventata un’industria. Con fattorie diventate fabbriche, animali trasformati in macchine da hamburger, uova e latte e latifondi estesi come intere nazioni. Il nuovo “granaio” di un pianeta dove il boom della domanda di carne — triplicata negli ultimi 40 anni — ha trasformato stalle e campi reinventandoli (in nome del profitto e dell’efficienza) in versione XXXL. Il fenomeno “bio” ha rilanciato l’interesse per l’agricoltura sostenibile. Le fattorie extralarge però, in un mondo che compra sempre più carne, continuano a crescere, anche se consumano il 30% del grano e l’80% della soia raccolti ogni anno al mondo. In un gioco alimentare a somma algebrica negativa, visto che per mettere nel piatto 30 calorie di carne ne bruciamo circa 100 di vegetali e che per produrre un chilo di bistecche sprechiamo 15mila litri d’acqua.
Non ci saranno più contadini, ci saranno operai di fabbriche agricole. Personalmente mi sto convincendo che i vegetariani potrebbero diventare rivoluzionari nel terzo millennio, per contrastare l’agricoltura ‘imperialista’. E, alla luce di questi dati, incomincio a capire anche il punto di vista dei vegani, che rifiutano qualsiasi alimento di origine animale. Con grande dispiacere, perché non so immaginare una tavola senza formaggi , perché ,come dicono a Parma, ‘ la bocca non è stracca se non sa di vacca’.