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4 Il triofo della violenza

16.09.2020 14:54

Fin dall’inizio degli anni ’20, gli scontri con le bande fasciste si moltiplicano. Nella primavera 1920 Mussolini manda a Trieste Francesco Giunta, carismatico avvocato toscano che diventa una figura chiave di quegli anni rivestendo un ruolo di primo piano nel fascismo, cosiddetto di confine,: interventista, antisocialista, razzista e antidemocratico.

Giunta fa una scelta strategica: il primo fascismo aveva pescato nello stesso bacino d’utenza dei nazionalisti e dei mazziniani, ovvero i giovani irredentisti della borghesia liberale, andati in massa a Fiume. Il fascismo di Giunta  fa presa soprattutto nel sottoproletariato urbano e nei molti ‘regnicoli’, cioè una decina di migliaia di cittadini del Regno d’Italia espulsi nel 1915 che al loro ritorno a Trieste a guerra finita avevano scoperto i loro beni sequestrati o venduti. Nel dopoguerra la loro situazione è di grande disagio, li porta a radicalizzarsi e a diventare terreno di elezione per il reclutamento squadrista”.

L’incendio dell’hotel Balkan sede del Narodni Dom ( Casa della cultura slovena) nell’estate del 1920 è, per Giunta, l’occasione d’oro per lanciare all’opera le squadre e così dimostrare non solo che esistono, ma anche ottengono risultati clamorosi. Già un anno prima c’era stato un attacco al Balkan da parte dei nazionalisti, durante due giorni di tumulti tra forze dell’ordine e socialisti, in cui intervennero alcune prime squadre miste di mazziniani e nazionalisti composte anche da qualche fascista. In quel caso la devastazione dell’edificio venne evitata da un generale di passaggio. Nel luglio 1920, invece, la struttura, sede del Narodni Dom, viene occupata e incendiata. 

Da quel momento il fascismo diventa protagonista della scena politica triestina perché costituisce quello che le autorità italiane avevano cercato negli anni precedenti ma non avevano mai trovato: un partito punto di riferimento delle forze filo-italiane, in grado di fronteggiare bolscevichi e slavi,  il ‘fascismo di confine’.

Le squadre di Giunta privilegiano l’aggressione individuale. Scelgono con cura le vittime, studiano le loro abitudini, l’agguato scatta nelle ore notturne, in strada. Colpiscono e scappano in modo che nessuno può essere incolpato.

Sabato 22 aprile 1922 la seduta del Consiglio Comunale si conclude poco prima della mezzanotte. A Trieste, fino a quell’ ora, la serata è trascorsa come tante altre. I consiglieri si allontanano a piccoli gruppi dalla sede del Municipio, in piazza Unità d’Italia, continuando a discutere dei provvedimenti deliberati. Odorico Visintini, calzolaio, consigliere del Partito Comunista Italiano, esce dal portone tra gli ultimi e si avvia verso casa. Accelera il passo, svolta in direzione di via Cavana , quando, da una via traversa, sopraggiunge una squadra fascista guidata da Francesco Giunta, reduce da un’altra aggressione. Lo vedono camminare da solo e lo aggrediscono selvaggiamente a bastonate, lasciandolo a terra privo di sensi.

Le urla dei fascisti provocano la fuga delle poche persone in strada a quell’ ora. Meno di mezz’ora dopo Odorico si rialza e si trascina lungo la via Cavana e poi da piazza Hortis verso via Gaspara Stampa dove abita, cadendo a terra stremato, all’inizio della salita. Nel frattempo sono arrivati due agenti della questura che lo rialzano e lo sorreggono fino a casa.

Mentre gli toglie i vestiti Marietta vede una macchia di sangue al ventre ‘ Che ti hanno fatto Odorico ? Lui risponde a fatica Mi hanno aggredito in via Cavana, mi hanno bastonato e mi hanno sparato sparato, quando ero già a terra. Non preoccuparti, puliscimi la ferita e aiutami a andare a letto. Di notte le sue condizioni si aggravano, continua a perdere sangue. All’alba lo ricoverano all’ospedale, ma la gravità delle ferite e della conseguente emorragia viene diagnosticata solopiù tardi, a fine mattinata. Viene operato due volte nell’arco di poche settimane. Durante la degenza le visite sono consentite solo ai familiari più stretti.

Luigi, il figlio maggiore, frequenta l’Università a Torino. Il padre, calzolaio, ha voluto che studiasse. Luigi vuol diventare ingegnere chimico, sogna di approfondire gli studi nel settore dell’alimentazione. La sede universitaria più vicina è Padova, ma, per ingegneria, bisogna andare più lontano. Il padre lo convince a scegliere Torino dove è più facile trovare un appoggio da qualche compagno socialista.

Torino è la roccaforte del socialismo in Italia. A Torino risiedono i dirigenti dell’ala rivoluzionaria, Gramsci, Tasca, Leonetti, Togliatti. E’ stato appena fondato l’Ordine Nuovo, Rassegna settimanale di cultura socialista. Antonio Gramsci scrive nell’editoriale Battute di preludio, il primo maggio 1919, 

……perché il mondo si salvi è necessario che la fede socialista diventi il soffio animatore dell’opera della ricostruzione; è necessario uno scatenamento di energie morali che torni a potenziare l’umanità, a ridarle il vigore e la giovinezza adeguate all’immane compito….…...alla propaganda parolaia, alla vuota audacia delle frasi a effetto dobbiamo sostituire la propaganda del programma socialista, delle proposte di soluzione ai grandi problemi della società

In queste frasi c’è tutta la forza e il dramma che alimenta la nuova fede. Tuttavia, retorica del linguaggio a parte, le stesse frasi ci richiamano all’attualità, a quasi un secolo di distanza. Insieme a un altro studente Luigi abita in una stanzetta, già adibita al personale di servizio di una famiglia della borghesia torinese, in via Po. Frequenta l’università, la redazione dell’Ordine Nuovo, conosce nuovi compagni, fa le prime esperienze politiche, partecipa a numerosi dibattiti e alle manifestazioni operaie.

Si iscrive al club della Juventus, gioca nella squadra giovanile, gode di tutti i servizi gratuiti riservati ai giocatori, come spogliatoi, docce, asciugamani, biancheria. Luigi sa di essere bello e di piacere alle ragazze. Sotto casa c’è una latteria e la figlia della padrona provvede a qualche provvista, ben ricambiata. Lo studio della chimica alimentare lo appassiona quanto la Torino operaia che cresce. A Trieste ritorna di rado, solo d’estate, causa i disagi e il costo del viaggio.

A Torino vede nascere il Partito Comunista Italiano dalla scissione di Livorno. Le Case del Popolo organizzano la difesa contro le prime squadre fasciste, che battono soprattutto la provincia. Il clima politico e sociale si surriscalda, l’imprenditoria è tollerante verso chi vuol soffocare la protesta operaia, complice l’inflazione post bellica che colpisce i salari; ma Torino sembra saldamente sotto il controllo delle organizzazioni operaie.  Nessuno prevede l’ormai prossima marcia su Roma.

Per Luigi il futuro è a Torino

Ma il 23 aprile 1922 un telegramma lo richiama con urgenza a casa. Il padre è gravemente ferito, ricoverato all’ospedale. La sua vita ha una svolta. Non tornerà più a Torino

Soltanto la moglie Marietta e i figli sono ammessi a far visita a Odorico in ospedale. Le ultime parole di Odorico sono per Luigi Ho fatto quel che ho potuto, mi dispiace , abbi cura di tua mamma e dei tuoi fratelli

Odorico muore in ospedale il 14 giugno all’età di 51 anni lasciando la moglie Maria e tre figli, Luigi, Darwin e Ferrer. Al funerale, celebrato in segreto per motivi di sicurezza, partecipano soltanto la moglie e il figlio maggiore Luigi. La bara è trasportata su un furgone della Polizia.

San Giacomo è la fortezza rossa che i fascisti vogliono espugnare. Non si contano gli episodi di guerriglia urbana.

In viale Sonnino ai piedi della scalinata che sale a San Giacomo, Nives la mussolera ha il suo baracchino. Vende i mussoli appena scottati, stando di guardia alla scalinata. Appena vede un gruppo di fascisti lancia il segnale concordato, in modo da bloccare l’uscita in alto. I fascisti che imboccano la scalinata trovano pane per i loro denti.

Luigi ha 22 anni, ha interrotto gli studi universitari a Torino. E’  capofamiglia, Darwin e Ferrer vanno a scuola, lui è impiegato alle Cooperative Operaie e dirige il giornale fondato dal Partito Comunista, il Lavoratore.

Mussolini considera Trieste un modello dell’organizzazione fascista. Viene più volte a Trieste. Ogni sua visita è occasione di scontro con le squadre fasciste. La sera prima dell’arrivo di Mussolini, la polizia procede a un rastrellamento. I dirigenti comunisti sono arrestati. Luigi viene incarcerato ben tre volte per alcuni giorni  Nel 1926 un gruppo di manifestanti, fra cui il cugino di Luigi, Mario Bercè, vengono caricati su un camion da una squadra fascista e portati sul Carso. Sono  accusati di voler organizzare un attentato Vengono fucilati e buttati nella foiba di Basovizza

Resta una verità storica da stabilire  .La foiba di  Basovizza dove viene celebrata ogni anno, il 10 febbraio,  la commemorazione dei martiri delle foibe, non fu riaperta dai partigiani di Tito nel maggio del 1945, ma dalle squadre fasciste nel 1926. 

Perché nella commemorazione non si parla anche di quei giovani martiri antifascisti ?

 

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