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Sono 17 milioni gli italiani che hanno giocato almeno una volta (fonte: Cnr) e 2,5 milioni i giocatori abituali e, dunque, a rischio dipendenza (anche se appena 12 mila, soprattutto giovani, sono in cura presso le Asl. L’azzardo premia una minoranza e fa pagare il conto alla maggioranza. Non solo: quando perdi, giochi ancora per recuperare i soldi. Quello che vinci, lo rigiochi per lo stesso motivo. È un circolo vizioso. Il gioco d’azzardo ha raggiunto un costo sociale difficile da sostenere, configurandosi come una vera e propria dipendenza.
L’azzardo è l’eroina del terzo millennio. Perché tante persone ci inciampano? Primo, l’offerta di azzardo è ovunque, dai bar alle tabaccherie, in tutti gli spazi d’aggregazione. Secondo, sei invogliato dalla retorica, come quella del Gratta e Vinci, e dal ricordo di una vincita. Terzo, sei indotto dall’ambiente che ti circonda. Il 25% degli adolescenti italiani ha un familiare che pratica il gioco d’azzardo. E il 58% dei giovani ne ha avuto esperienza».
Uno psicologo della Casa del Giovane, comunità che accoglie ragazzi e adulti con problemi di dipendenza, tra cui quella del gioco riferisce «La maggior parte delle persone che vengono da noi era benestante: aveva soldi e li ha giocati. Commercianti, dirigenti, e, soprattutto giovani con una famiglia agiata alle spalle o che lavorano continuando a vivere in famiglia. Ovviamente c’è anche una fascia media e
ci sono i pensionati. Più soldi hai, più rischi di investire o giocare grandi somme; ma chi ha 1.000 euro di pensione gioca quei 1.000 euro».
La dipendenza dal gioco prescinde dunque dalla quantità di denaro disponibile