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La montagna oggi non è solo vacanza, ma anche conoscenza, ricerca di esperienze, incontro con le comunità. Investire in produzioni molto caratterizzate, dai vini eroici delle valli Walser ai formaggi storici come il Plaisentif della val Chisone, oppure nella pasticceria altoatesina, piuttosto che nel prosciutto di Sauris, significa investire in un’idea di impresa fatta sì di cibo, ma soprattutto di genti, storie, cultura e senso di un luogo. Il Crea, ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare. ha organizzato lo scorso dicembre il “Forum agricoltura di montagna — Prospettive e sfide per il 2020”.Giovani che promuovono la sostenibilità e l’eccellenza della montagna, le stesse magari che in quei menù stellati sono indicate con tutto il vanto del “prodotto locale”. Alcuni di loro, come scalata alla vetta, da due anni hanno scelto i bandi, e i campus, di ReStartAlp, un incubatore dedicato agli under 35 che intendono fare impresa nelle Alpi voluto dalla Fondazione Garrone in collaborazione con la Fondazione Cariplo. Una cinquantina di progetti ogni edizione, 80% dei quali riguarda la creazione di imprese agroalimentari. Per una serata gourmet al Mountain Dining Jora di Markus Holzer a San Candido, raggiungibile con una salita in motoslitta a temperature polari, si deve prenotare con settimane di anticipo. Il rifugio in alta quota tutto polenta e salsiccia ha fatto il suo tempo. Un sospetto confermato dalla pioggia di stelle Michelin che continua a colpire l’arco alpino, con le tre ultime assegnate allo chef filosofo Norbert Niederkofler del “St. Hubertus”, passando per “La Siriola” sempre a San Cassiano, il “Laite” di Sappada in Friuli Venezia Giulia o il “La Clusaz” di Gignod in Val d’Aosta.
Dalla fonduta valdostana, alla bresaola della Valtellina, dai canederli trentini allo strudel di Merano, dal cervo in salmi con polenta delle Dolomiti fino al frico della Carnia. Per una candidatura Unesco del progetto Alpine Space Program, cui partecipano 6 regioni transnazionali dell’arco alpino.