per l'etica laica, sociale e autodeterminata
Premessa
Parte Prima Dal 1921 a oggi
Parte seconda: Rifondazione democratica
11. I nuovi valori
12.Una nuova forma Partito
13. Una nuova organizzazione
14.La classe dirigente
15.Il ruolo del Partito
16.Partito, sindacati, movimenti
17. Solidarietà
18.Collocazione internazionale
19. Strategia del Partito
20. Partito e innovazione
Conclusioni
Una prima domanda : Che cos’è un Partito ?
Il partito politico è un'associazione tra persone accomunate da una medesima finalità sociale ovvero da una visione comune o linea politica su questioni fondamentali relative alla gestione dello Stato e della società o anche solo su temi specifici e particolari.
Secondo Max Weber, «per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all'interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali» Nella definizione del del politologo americano Antony Downs il partito politico è «una compagine di persone che cercano di ottenere il controllo dell'apparato governativo a seguito di regolari elezioni.
]Gli elementi centrali di queste definizioni sono dunque:
Di conseguenza il partito è un’ associazione elitaria, formata da una minoranza eletta, che si propone alla guida di un’istituzione con il supporto del voto della maggioranza.
«Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, Costituzione della Repubblica (art. 49)
In una democrazia è difficile per un partito ottenere la maggioranza dei consensi per poter governare da solo. Da qui la necessità di costruire alleanze di più partiti, che condividano la linea politica sulle questioni principali. L’alleanza di governo diventa come un cocktail di più bevande assortite dal barman, nelle giuste proporzioni.
Questo racconto parla del Partito Comunista Italiano. Nella prima parte della storia degli ultimi cent’anni, dei cocktail in cui è stato mischiato, delle vittorie e delle sconfitte, dei danni che ha patito per imperizia dei barman. Nella seconda parte parlo invece dell’evoluzione futura.
Leggendo questo racconto si comprende come, nel bene e nel male, questo è l’unico partito al quale io possa appartenere. Succede spesso, soprattutto in questi ultimi anni, che qualche amico mi chieda di spiegargli che cosa mi lega oggi al PD, io rispondo: sono andati via dirigenti nazionali come Bersani, D’Alema e altri e sono rimasti isolati, io invece mi sento a mio agio in una grande famiglia. Capita che io non condivida alcune scelte e, soprattutto, alleanze. Sono rimasto al discorso del Lingotto, alla proposta di un partito a vocazione maggioritaria, attento ai nuovi valori del XXI secolo, centrati sul progresso sostenibile, sulla tutela dell’ambiente, sulla solidarietà con i popoli più poveri, con i migranti.Se abbiamo perso la strada maestra, la ritroveremo, ci sarà una rifondazione. E troveremo i barman giusti. Io non lo lascio, il Partito.
Sono nato il 7 aprile 1937 a Parigi, Jardin des Plantes, nella clinica della figlia di Marcel Cachin, Presidente e fondatore del Partito Comunista Francese.
Il mio nome, Giorgio, è un tributo a Giorgio Iaksetich, dirigente comunista triestino e testimone delle nozze dei miei genitori nell’esilio di Ponza.
Fino all’età di due anni sono cresciuto a Chennevières, sulle rive della Marna, in una villetta dove si riuniva la Direzione del Partito Comunista Italiano in esilio. Qui abitava la mia famiglia insieme alla famiglia Dozza, futuro sindaco di Bologna. All’età di un anno, colpito da polmonite a entrambi i polmoni, sono stato salvato dal medico Eugenio Reale, medico del Partito, futuro ambasciatore in Polonia.La penicillina di Sabin era in fase di sperimentazione negli Stati Uniti. Per un mese fui nutrito con puro latte di mandorla, rarità procurata da un compagno di Reggio Emilia che gestiva un negozio di alimentari e apparteneva alla rete del soccorso rosso.
A casa nostra si festeggiavano due grandi date, il 7 novembre, la rivoluzione sovietica, e il 21 gennaio, la fondazione del Partito Comunista Italiano.
Fin dalla prima infanzia ricordo ricordo la frase che mio padre amava ripetere nei momenti di difficoltà ‘ fra 5 anni vivremo in una società socialista’,
Dopo la cauta del Fronte Popolare, alla fine del 1938, i dirigenti del PCI entrano in clandestinità, alcuni si rifugiano nell’ Unione Sovietica, altri si nascondono nel sud della Francia. Mio padre scappa in un piccolo villaggio del nord della Francia, dove trova, senza documenti, un lavoro da bracciante. Nel 1940 tutta la famiglia si trasferisce a Blangy Tronville. Mia madre fa la sarta per le signore del paese. Mio fratello frequenta la scuola elementare.
Alla sera papà ci parla del futuro radioso che ci aspetta in Italia, appena finita la guerra. Un Paese virtuale, dove tutti hanno gli stessi diritti, tutti studiano, tutti sono uguali e liberi di decidere il proprio futuro.
Marx e Engels hanno progettato questo Paradiso terrestre, Lenin lo ha realizzato in Unione Sovietica. Noi lo realizzeremo in Italia.
Poi cantiamo ‘Quel che si avanza è uno strano soldato/ viene da Oriente e non monta destrier/ la man callosa ed il viso abbronzato/ è il più glorioso fra tutti i guerrier. Non ha pennacchi e galloni dorati /ma sul berretto scolpiti e nel cor/ mostra un martello e una falce incrociati/ gli emblemi del lavor, viva il lavor/. È la guardia rossa che marcia alla riscossa e scuote dalla fossa la schiava umanità.
Nessum dubbio sfiora, mio padre Questo è il sol dell’avvenire.
Il Partito ha sempre ragione, ci spiega, lo ha detto Gramsci. Il Partito è un intellettuale collettivo, dove tutte le intelligenze si confrontano, per cui non possono sbagliare.
Mentre accadono eventi perversi, fra i più terribili della storia dell’umanità. mentre i miei genitori vivono da rifugiati clandestini, con grandi sacrifici, Io cresco cullato da queste certezze, la protezione del Partito oggi, il futuro radioso costruito dal Partito domani.
Ecco perché sono un figlio del Partito.
Salto a piè pari gli anni della guerra in Francia, ne ho già parlato in ‘Storie del Novcento’.
La prima contraddizione ideologica mi coglie all’età di 10 anni, nel 1947, quando a Trieste si contrappongono due partiti comunisti, quello più numeroso composto da triestini e sloveni che sono stati partigiani e sostenitori dell’occupazione yugoslava nel maggio del 1945 da parte delle truppe del maresciallo Tito e del progetto di Trieste, settima repubblica yugoslava. E quello meno numeroso, costituito dagli inviati a Trieste da parte della Direzione Nazionale del PCI e diretto da mio padre e da Giuseppe Pratolongo.
Nella mia testolina si ripropone ostinata una domanda senza risposta: come possono essere avversari uomini che hanno lo stesso passato, che credono nello stesso futuro radioso, tanto più che fra gli avversari c’è quel Giorgio Iaksetich, di cui io porto il nome.
Trieste è italiana, dice mio padre, per il bene del Paese dobbiamo combattere chi vorrebbe farne una Repubblica jugoslava. Intanto però ha sempre una pistola in tasca e quando va a fare qualche comizio nella periferia o nell’entroterra carsolino, dal fondo delle Case del Popolo c’è sempre qualcuno che grida ‘foibe, foibe’ Sono cresciuto con l’idea dell ‘internazionale socilista, perché mai ora si fanno distinzioni fra Italia e Yugoslavia?
Non capisco perché non vada bene la Yugoslavia dove si sta già costruendo il socialismo, mentre da noi, nel Territorio Libero di Trieste (TLT) comandano gli angloamericani, cioè il ba-bau (l’equivalente del lupo cattivo o dell’uomo nero, oggi di attualità). L’Italia poi è lontana, c’è il confine oltre Duino. e da quanto sento, non tira aria di socialismo.
Il Partito, per il bene del Paese e della Democrazia, con Togliatti ministro della Giustizia,si è battuto per dare il voto alle donne, che in questo primo dopoguerra cercano nella Chiesa e nella Democrazia Cristiana un futuro di tranquillità. Il 18 aprile del 1948 votano in massa contro il Fronte Popolare e contro il nostro socialismo, affossando il governo di Unità Nazionle. Pochi mesi dopo, Togliatti, dalla clinica in cui è ricoverato, lancia l’appello al Partito e ai partigiani, pronti a dissotterrare i mitra, di mantenere la calma. Sempre per il bene del Paese. Non mi è sempre tutto chiaro, ma incomincio a chiedermi e a chiedere a mio padre, che si arrabbia, se il Partito è per il socialismo o per il bene del Paese.
Il bene del Paese orienta molte altre scelte del Partito, dal voto dell’articolo 7 che riconosce il Concordato del 1929 al placet al governo Andreotti del 1978, ben lontano dal processo di avvicinamento alla DC di Aldo Moro, avviato da Berlinguer con il compromesso storico.
Per il bene del Paese è anche la timida battaglia del Partito, all’infuori dell’Emilia, contro il governo Tambroni. Sullo sfondo si delinea già l’alleanza di Centro- sinistra, che guiderà l’Italia per oltre 15 anni, mentre noi del Partito ripetiamo, dal 1964 in poi, che si tratta di un’alleanza in crisi.
Per il bene del Paese è anche la battaglia del Partito per l’unità con i socialisti nel sindacato, nelle cooperative, nel governo degli enti locali, mentre i socialisti si apprestano a cambiar pelle, con l’avvento di Bettino Craxi al posto di Giorgio Di Martino. Ed a far la guerra al Partito.
Per il bene del Paese affossiamo il governo dell’Ulivo nel 1998, gettando le basi di un’alleanza con Mastella, e siamo parte attiva nella guerra del Kossovo. Non siamo più PCI, siamo DS, ma sempre il Partito è.
Ora il socialismo non c’è più, resta solo il bene del Paese. E’ tutto più semplice
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Il 9 marzo 1953, il professore di tedesco entra in classe ‘Tutti in piedi , un minuto di silenzio, il nostro Giorgio Visintini ha perso l’amatissimo zio Josip Vissarionovic Stalin, era per lui un secondo papà’ Il professor Gregoretti è assessore della Democrazia Cristiana al Comune di Trieste, mi vuol bene , ma ama sfottermi. Al rientro dalle vacanze chiede a tutti dove sono andati, quamdo arriva il mio turno’ a Visintini non occorre chiederlo, …… sempre in Unione Sovietica’
Nel 1956 frequento l’Istituto di Scienze Politiche dell’Università di Parigi. Sono membro del direttivo della cellula del PCF dell’Istituto. Il 26 febbraio mi trovo nella hall dell’Istituto, Cabajero,
dirigente della gioventù comunista venezuelana, si avvicina ‘ Ho appena ricevuto un telegramma in cui il capo della delegazione venezuelana al XX congresso del PCUS,mi scrive che Krusciov ha tenuto, in sessione notturna,un rapporto segreto sui crimini commessi da Stalin’ Cerchiamo di saperne qualcosa nella sede della sezione, della federazione, del quotidiano l’Humanité. Nessuno sa niente, la delegazione guidata dal vicesegretario nazionale Jacques Duclos, rientrerà da Mosca fra due giorni. Ci chiedono di star calmi e aspettare. Ma noi studenti rifiutiamo l’attesa passiva. I giornali del mattino già dipingono uno scenario a fosche tinte. Convochiamo l’assemblea di cellula. Oltre a Cabajero ne fanno parte Marcelino Dos Santos dirigente del Frelimo del Mozambico e Yacoub dirigente del Partito Comunista Egiziano. Parlano tutti coloro che sono riusciti ad avere qualche notizia. Alle due di notte del 28 febbraio siamo tutti sconvolti.
Finalmente la Direzione Nazionale convoca per la sera di venerdì 2 marzo alle 21 l’attivo del Partito alla sala Wagram, tradizionale luogo dei grandi eventi. La nostra delegazione è composta dal segretario di cellula e da me.Alle 19 siamo in fila per due dei 2.500 posti Jacques Duclos arriva alle 21 precise. Parla di culto della personalità, dei processi degli anni ’30, dei gulagin Siberia, la voce di Duclos è pacata e grave. Poi si accende improvvisamente, e grida’ mais le camarade Staline reste le grand guide du communisme international’. La sala esplode in un applauso infinito.
Nel novembre 1956 la rivolta d’Ungheria, le truppe sovietiche invadono Budapest e rovesciano il governo di Imre Nagy . Un primo colpo alla credibilità delle Democrazie popolari.Antonio Giolitti ispiratore del manifesto dei 101 ( dirigenti dissidenti fra cui Di Vittorio e intellettuali) condanna l’Unione Sovietica e lascia il Partito, insieme ad alcuni intellettuali. Pietro Nenni rompe il patto di Unità di azione PCI-PSI. Togliatti parla della repressione come di ‘dura ncessità’.Finisce l’era dello Stato Guida, nasce timida ‘la via italiana al socialismo’. Con l’invasione di Praga nell’agosto 1968, che fa piazza pulita della primavera di Praga e del nuovo leader Dubcek, crolla del tutto il mito delle Democrazie popolari. Il Partito, guidato da Luigi Longo, prende le distanze, ma non condanna apertamente l’intervento sovietico. Nella federazione di Milano c’è una gran confusione, nessuno ha il coraggio di andare nelle sezioni a parlare dei fatti di Cecoslovacchia. Al XII Congresso del PCI, nel febbraio 1969, Enrico Berlinguer, eletto vice segretario e di fatto alla guida del Partito, cerca di imprimere una svolta democratica, accogliendo il dissenso interno. Ma non riusce a bloccare l’espulsione dal Partito del gruppo del Manifesto, che condanna duramente l’invasione sovietica. Io sono tra i pochi che votano contro la requisitoria di Giuliano Pajetta, che decide l’espulsione.
Passano altri 12 anni e il generale Jaruzelsky guida la rivolta in Polonia nel 1981. Enrico Berlinguer proclama finalmente l’indipendenza del Partito dall’Unione Sovietica. E’ il crollo di un mito. Io rinuncio a un viaggio in Unione Sovietica con un gruppo della Legacoop. Mi sento tradito. Mio padre si chiude in un mutismo assoluto . E’ un dolore atroce per tutti coloro, ormai vecchi, che hanno rinunciato a prospettive di vita diverse, per stare al servizio del mito dell’Unione Sovietica.
Io ancora non trovo risposta a due domande ‘perché sono passati 25 anni dalla rivolta di Budapest a quella di Varsavia, per staccarsi dall’Unione Sovietica ? Come mai Togliatti e altri dirigenti, membri dagli anni ’30 di organismi internazionali a Mosca, hanno taciuto sullo stalinismo ?
Oh cartoncino ripiegato con la falce e martello in fronte, quanto ti ho desiderato, ma non è stato facile averti. Nell’autunno 1953, il PCI non è ancora presente, c’è il PCVG,il partito comunista della Venezia Giulia, una federazione con sezioni e cellule sul territorio. Il tema dominante della vita politica è il ritorno di Trieste all’Italia. Nel PCVG prevale la decisione di sostenere l’esistenza del Territorio Libero di Trieste (TLT), a cavallo tra Italia e Jugoslavia. La stragrande maggioranza della popolazione e, in particolare i giovani sono per Triesteall’Italia, Anche il PCI lo è, anche mio padre, che è stato espulso dal PCVG, guidato da Vittorio Vidali. Mio padre ha un colloquio con Togliatti ( di cui è stato segretario per molti anni in Francia), che gli propone di trasferirsi a Roma con la famiglia. Mio padre rifiuta, Vuol vincere la battaglia a Trieste. Presto ci sarà il PCI.
Gli scioperi degli studenti per il ritorno di Trieste all’Italia si moltiplicano, io non aderisco, resto in classe con uno studente sloveno dell’altopiano. Mi trovo in una situazione difficile, i miei compagni non mi capiscono, mio padre sulle prime si arrabbia, poi non ne parla più. Rispetta la mia scelta. Finalmente mi convocano alla sede della Federazione. Sostengo 2 colloqui rivolti ad accertare la mia buona fede, l’autonomia della mia scelta, Nel febbraio 1954 ottengo il cartoncino con la falce e martello. Un mese dopo partecipo al Congresso del Partito. Faccio il mio primo intervento, un’apologia del concetto di Partito (comunista) e della necessità di essere uniti. Cito la grandezza del PCI (timido applauso di una parte), parlo della scelta responsabile del PCVG ( applauso diffuso e prolungato della maggior parte), cito la guerra partigiana del maresciallo Tito ( applauso del settore sloveno). Ricevo i complimenti del neoeletto segretario Paolo Sema.
Appena arrivo a ‘l’ Institut d’Etudes Politiques’ a Parigi, mi reco alla sede della cellula del PCF e chiedo l’iscrizione. Di norma nel PCF le richieste di iscrizione vengono vagliate anche dalla sezione e dai probiviri della Federazione. Passa circa un mese. Con il curriculum mio e della mia famiglia dopo una settimana ho già in tasca la tessera del PCF. L’anno dopo vengo eletto vicesegretario. Mi chiamano Palmirò. Mi chiedono tante cose, soprattutto come sia possibile mantenere l’alleanza con i socialisti, In Francia i socialisti hanno collaborato al ribaltone del governo Mendès France, che ha siglato la pace di Dien Bien Fu in Vietnam. Il governo guidato dal socialista Guy Mollet si allea con l’Inghilterra e apre nell’ottobre 1956 il conflitto di Suez, poche settimane dopo c’è l’insurrezione a Budapest. Non posso più fare attivismo politico, pena il rimpatrio . Mi occuperò dei rapporti con i lavoratori immigrati italiani e della diffusione del Giornale dell’emigrante . Alla domenica mattina vado con un borsone a trovare i miei nuovi amici, i muratori, che vivono in palazzoni di 8 piani con 6 appartamenti vuoti per piano. Ogni appartamento ha una cucina e tre stanze con 4 brande. Qui sono in 12, 6 sono in cucina, due fanno colazione, due scrivono una lettera a casa, due tagliano le cipolle del ragù. e gli altri sono a letto. Non c’è riscaldamento, né acqua calda. Ascoltano le notizie da una radiolina al centro della tavola. A me manca ora il coraggio di vendere il giornale. Mi alzo e dico: tanti auguri compagni, vi lascio una copia del giornale… No, Luigi vuole la sua copia e anche Carlo e Gennaro lo prendono. Se non sosteniamo la stampa del Partito, chi ci difende? dicono tutti. Luigi mi chiama nella stanza delle brande. Accanto alla finestra hanno costruito con alcune tavole una sorta di armadio aperto, con un comparto per ciascuno di loro. Luigi fruga sotto un paio di pantaloni sgualciti e tira fuori un cartoncino con il tricolore, la falce e martello … sai, sussurra, qui è pericoloso, ma io non posso distaccarmene.
Ho un groppo in gola, mi vien da piangere, abbraccio Luigi. Mi ha dato il coraggio di ritornare per tante domeniche ancora e di conoscere una umanità nuova, gli emigranti italiani, di tutte le regioni. In quegli 8 palazzoni recintati ne vivono quasi 5.000, lavorano 6 giorni a settimana, vanno a casa una volta all’anno.
Molti di loro possiedono quel cartoncino con la falce e martello, che dà loro la forza di andare avanti.
I miei incarichi di responsabilità nel Partito sono sempre stati alivello di base. Ho escluso ogni possibilità di dedicarmi alla politica professionale, come mio padre e mio zio. Sono fermamente convinto che ci sia
bisogno di professionisti in politica, a livello nazionale, ma la maggioranza debba essere fatta da altre
professionalità, prestate per 5-10 anni alla politica. Per garantire la libertàdi espressione del proprio pensiero, la funzione dell'intellettuale collettivo gramsciano.
Dopo l'esperienza nel PCF, di cui ho fatto cenno, arrivo a Milano e mi iscrivo al PCI nel 1958, alla sezione Giambellino. Nel 1961 mi trasferisco nel rioneIsola, in viale Zara. La sezione Primo Maggio è una delle più forti sezionimilanesi, per la presenza della Federazione in via Volturno e per l'influenza esercitata sulla cooperativa edificatrice Sassetti della Legacoop, che gestisce oltre trecento appartamenti a proprietà
indivisa. Il dissenso fra URSS e Cina è ormai crisi acuta e molti compagni simpatizzano per
Mao Tze Dong.
La Federazione convoca un'assemblea di sezione e Armando Cossutta accusa il
segretario di sezione, Marcello Buttiglione, di deviazionismo, ne chiede le dimissioni. Segue
un acceso dibattito. Alcuni compagni fanno il mio nome come candidato a segretario. Nel concludere la discussione, Cossutta dice: "Mi pare che ci sia stata una chiara indicazione
per Giorgio Visintini, lo invito quindi a salire sul palco".
La mia dichiarazione "Accetto questa responsabilità, però chiedo a Marcello di restare accanto
a me come vicesegretario della sezione" lascia Cossutta interdetto, ma sentendo applaudire l'assemblea,: "Visintini viene eletto segretario e Buttiglione resta in segreteria".
Marcello mi abbraccia: Vieni al Circolo sabato pomeriggio così vediamo i documenti della sezione e ti faccioconoscere anche i soci più importanti della Cooperativa Sassetti. Devi farti
conoscere da tutti e, soprattutto acquisire l'autorevolezza, che ti manca,
essendo molto giovane e 'forestiero'.".
Sabato pomeriggio tengo la mia primariunione da segretario. Al termine entriamo nel salone del circolo e io mi dirigo verso il tavolo d'angolo, dove siede un gigante, operaio dell'Alfa Romeo, detto
'Vadaviaelcu", perché è la sola parola che urla con voce baritonale quando
gioca a scopa. Gli chiedo di fare una partita a scopa. Mi guarda sgranando gli
occhioni e bofonchia "te si sicur? ' seguitoda un sorriso furbesco. Prendo il mazzo di carte. Fin da bambino ho appresonelle lunghe serate trascorse con i miei giocando a carte, durante la
clandestinità, i vari trucchi per memorizzare le carte uscite. Si raccolgono
intorno a noi altri giocatori curiosi di assistere a questa strana disfida, che
tutti danno per vinta da Vadaviaelcu. Quando arriviamo in fondo al mazzo, gli dico
:' tocca a te. Che giochi, la donna, il fante o il settebello? " Si guarda le carte, quasi non ci crede, strabuzza gli occhi, e gioca il fante (in tavola c'era un quattro). Io metto un asso e lo
lascio fare il nove. Poi metto il mio 6, lui scende con il 7 e io tiro su tutto
con il 10. Mi è bastato prendere il suo settebello. Faccio denari, settebello,
primiera e carte. Cappotto 4 a 0. Marcello trattiene una risata per non
irritare il gigante. Ma questi si alza, enorme, alto almeno un palmo più di me
e grosso il doppio, mi tende la manona e con voce cavernosa disse: "Va da via el cu, ti son un brav fieu".
Da quel giorno divento autorevole, mi sono conquistato i galloni da segretario.
Con una sola partita a scopa, più che con tanti discorsi. L'anno dopo la
sezione Primo Maggio assorbe la sezione Ferretti e diventa la prima sezione di
Milano con circa 1000 iscritti.Voglio conoscere tutti i compagni e,
accompagnato dall'ex segretario, diffondo l'Unità di casa in casa, ogni domenica.
Nel 1964 mi viene chiesto di candidarmi alle elezioni comunali di Novate Milanese, una cittadina di 20.000
abitanti, dove entro in giunta prima come assessore al bilancio e poi come
assessore all'urbanistica. E' il periodo del massimo impegno, in quanto vengo
eletto segretario della sezione Gramsci e poi, nel 1968, segretario del
Comitato Cittadino del PCI. Non diffondo più l'Unità, ma ogni sabato e domenica
scelgo un rione della cittadina, ne percorro le strade, ascolto la gente e
preparo il piano di lavoro dell'assessorato per la settimana successiva. Il
primo piano di edilizia popolare, nato dalla legge Sullo del 1969, porta il mio
nome e viene realizzato, dopo 6 mesi di incontri, con un progetto unitario
dalle due grandi cooperative edificatrici della Legacoop e delle ACLI, che
gestiscono quasi 50% dell'edilizia abitativa di Novate Milanese.
Nel Partito il dissenso è il sale della democrazia, va gestito, mai stroncato. Le 3 M del dirigente di base sono a mio avviso: Moderare i dissensi interni fra compagni e verso gli organismi
superiori, Mediare i dissensi costruendo una proposta condivisa, Motivare tutti
a battersi per questa proposta. Perciò sono sempre contrario
all'intervento conclusivo di un rappresentante della Federazione nelle
assemblee di sezione. Spetta al segretario esporre la posizione maggioritaria
del Partito sul tema da discutere. Poi ampio spazio al dibattito. Sono
occasioni di incontro e di confronto, il cui esito positivo dipende in buona
parte dalla conoscenza e dalla fiducia reciproca delle persone. Non è
costruttivo calare una verità dall'alto.
E' faticoso fare il dirigente di base, ma èun'esperienza umana straordinaria
Fin dall' Ottocento tra coloro che si organizzano per opporsi al capitalismo, e successivamente fra i militanti di partiti, organizzazioni e movimenti di ispirazione marxista si diffonde l'abitudine a chiamarsi "compagni". Nella cultura socialista, comunista, anarchica e in generale di sinistra il compagno è un soggetto, un individuo diverso dagli altri, un individuo che si sforza di superare la propria individualità e cerca la propria realizzazione attraverso un progetto comune di tipo solidale e collettivistico. Il filosofo Jean Paul Sartre parla nel 1960 del cosiddetto gruppo-in-fusione che mira ad una finalità-progetto. Per Sartre, si è compagni solo se si ha un progetto comune da compiere insieme.
Fuori dal lessico politico la parola compagno identifica un legame profondo, ‘compagno di una vita’, che solo la morte può spezzare. Per me sono compagni coloro che sono iscritti al Partito, che hanno in tasca il cartoncino con la falce e martello. Fin da bambino i tanti compagni che frequentano la nostra casa sono degli zii, fanno parte della famiglia.
Il cantastorie Fausto Amodei ha composto una bella canzone ‘ Per i morti di Reggio Emilia’, una sorta di inno al Compagno:
Compagno cittadino fratello partigiano teniamoci per mano in questi giorni tristi Di nuovo a Reggio Emilia son morti dei compagni per mano dei fascisti Di nuovo come un tempo sopra l'Italia intera Fischia il vento infuria la bufera Compagni sia ben chiaro che questo sangue amaro versato a Reggio Emilia e` sangue di noi tutti Sangue del nostro sangue nervi dei nostri nervi Come fu quello dei Fratelli Cervi Il solo vero amico che abbiamo al fianco adesso e` sempre quello stesso che fu con noi in montagna Ed il nemico attuale e` sempre ancora eguale a quel che combattemmo sui nostri monti e in Spagna Uguale la canzone che abbiamo da cantare Scarpe rotte eppur bisogna andare Compagno Ovidio Franchi, compagno Afro Tondelli e voi compagni Marino Serri, Reverberi e Farioli Dovremo tutti quanti aver voialtri al nostro fianco per non sentirci soli. Morti di Reggio Emilia uscite dalla fossa fuori a cantar con noi Bandiera Rossa!
Il compagno è sempre buono, onesto, bravo, fedele,a prescindere, gli altri devono essere messi alla prova, devono dimostrarlo. Possono diventare simpatizzanti. Quando mi trovo sbalzato in un mondo nuovo,a meno di 20 anni, lontano dalla famiglia, studente a Parigi, impiegato a Milano, cerco subito un compagno di questa grande famiglia allargata, il Partito. Appena lo trovo non mi sento più sperduto, ho un punto di riferimento. Al compagno visto per la prima volta do il ‘tu’, anche se ha 3 volte la mia età. Come si riconosce un compagno in mezzo alla gente ? Prima ci si annusa e poi bastano poche parole per capirlo. Un sorriso, una risata, un abbraccio.
E’ una cultura permeata di manicheismo, lo so, appartiene ai tempi della clandestinità, quando ero bambino, ma è un ‘imprinting’ impossibile da cancellare del tutto.
Oggi a sentire questi racconti si resta increduli. Ma era proprio questa la realtà anche nella Milano degli anni cinquanta. Oggi non c’è più il compagno, c’è l’amico, è più semplice, non si può sbagliare, siamo tutti amici, tranne i fascisti.
Ho 10 anni. Vedo ogni giorno l’Unità in casa, qualche volta mi capita di sfogliarne una copia, anche se guardo solo la pagina sportiva. Ma quel che significa l’Unità per i lavoratori lo capisco vedendo al cinema il film Riso amaro, con Raf Vallone che sale sul treno con il giornale ripiegato in tasca con il titolo in rosso , che sporge, ben visibile. E’ una sfida e un segnale di riconoscimento. Raf Vallone diventa il mio attore preferito, Apprendo che nella seconda metà degli anni ’30 è stato calciatore con il Torino in serie A. Non solo, nell’immediato dopoguerra, è stato anche giornalista, capo delle pagine culturali de l’Unità. Alterna espressioni da duro, alla Burt Lancaster, a espressioni dolci, piene di umanità. Diventa il mio idolo.
I primi numeri de l'Unità - Quotidiano degli operai e dei contadini sono stampati a Milano.. La prima sede de l'Unità è in Via Santa Maria alla Porta nei pressi di Corso Magenta. Nella lettera per la fondazione de l'Unità,Antonio Gramsci scrive«Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l'Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale»
Nell’ottobre 1926, il regime fascista decide di reprimere ogni opposizione rimasta e il successivo 8 novembre la distribuzione del giornale viene sospesa dal prefetto di Milano congiuntamente all'organo del Partito Socialista Italiano, L’Avanti! L'ultimo numero de L'Unità esce con uno scarno comunicato: Il Prefetto della provincia di Milano ha ieri ordinato il sequestro del nostro giornale con la seguente motivazione: considerato tutto il suo complesso è tale da eccitare gli animi con pericolo di turbamento dell'ordine pubblico decreta la sospensione delle pubblicazioni e procede al sequestro del giornale in macchina.»
Negli anni ’50, ’60 e ’70 l’Unità, organo del PCI, contende al Corriere della Sera il primato della diffusione e più volte supera il milione di copie diffuse. Ogni domenica circa 20.000 diffusori vanno di casa in casa a proporre l’Unità. Numeri extraterrestri in questi anni in cui l’Unità ha dovuto sospendere le pubblicazioni, essendo scesa a meno di 40.000 copie giornaliere, il livello del 1926.
Nel 1976 esce Repubblica che si propone a un pubblico di lettori dell’area di sinistra. Nel giro di 10 anni conquista oltre metà dei lettori de l’Unità. Peccato che i direttori succedutisi negli anni ’80 e ’90 , non si ricordino le parole di Antonio Gramsci, in occasione della fondazione de l’Unità, ‘Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra.’
Da ragazzo ho amato l’Unità come una bandiera, quasi senza leggerla, da dirigente di base ho partecipato alla diffusione domenicale, da Presidente dell’Abacus ho svolto degli studi su l’Unità. spiegando la necessità di farne il quotidiano nazionale della sinistra, sacrificando le redazioni regionali, troppo onerose e inadeguate per la cronaca locale, rispetto ai quotidiani esistenti. Ragioni interne al Partito hanno bloccato ogni cambiamento, fino a provocare un collasso finanziario. A nulla è valso il tentativo di un rilancio con la direzione di Sergio Staino. I malati possono essere curati, ma i morti non risuscitano .
Dato il prestigio e il valore commerciale della testata, prima che scadesse un anno dalla chiusura, il 25 maggio 2019 è comparso in edicola un numero de l’Unità firmato da Maurizio Belpietro. In futuro tutto può succedere. Il Partito non è più proprietario della testata. Oggi il PD pubblica 5 volte a settimana La testata web ‘ Democratica’ un bollettino di attualità del Partito Democratico, che scompare di fronte a testate come il Post, Huffington post, ecc.
Riposa in pace cara Unità. Sbucherai ancora dalla tasca o sullo smartphone di un amico ?
La prima grande vittoria raggiunta fu il referendum che scelse la Repubblica contro la monarchia, abbinato alle elezioni della Costituente dove il PCI ottenne il 20% dei suffragi e la sinistra nel complesso raggiunse il 42%, 224 seggi su 556. A Capo dello Stato fu eletto Enrico De Nicola, con il voto compatto del PCI. Nel gennaio 1947 fu eletto Presidente dell’ Assemblea il comunista Umberto Terracini, che firmera la Costituzione repubblicana, oggi quasi dimenticato. Per me è il Mandela italiano, per i 17 anni di detenzione cui fu condannato dal Tribunale speciale fascista nel 1926, che sconterà per intero fino al 1943.
Due anni dopo, nell’aprile 1948, la prima grande sconfitta. Il fronte popolare, con tutte le forze di sinistra, ottiene il 31% dei voti e viene confinato all’opposizione. Viene costituito un nuova governo De Gasperi con al ministero dell’interno il prefetto di ferro Mario Scelba che crea la Celere, il famigerato esercito di polizia.
Il governo è sostenuto dalla coalizione DC+PSDI+PRI+PLI, dove coesistono visioni diverse, laiche e cattoliche, socialmente conservatrici e progressiste. Alle successive elezioni politiche del 1953 il governo fa approvare una nuova legge elettorale, detta legge truffa, La coalizione che raggiunga il 50% dei voti avrà un premio ottiene il 65% dei seggi. La coalizione di governo che nel 1948 aveva sfiorato il 60%, raggiunge il 49,8% e per qualche decine di migliaia di voti non ottiene il premio di maggioranza.
La rivolta d’Ungheria mette in crisi l’alleanza a livello nazionale tra PSI e PCI. Il Partito esce indebolito da questa crisi, sia nei rapporti con altri partiti, sia al suo interno, per l’uscita e il dissenso di molti esponenti, soprattutto del mondo culturale. Più in generale le rivolte investono altre democrazie popolari, Polonia, Cecoslovacchia, le repubbliche baltiche, sono altrettanti colpi al prestigio del Partito e del socialismo.
Nel 1975 la prima grande vittoria elettorale alle elezioni europee il Partito raggiunge il 34% dei voti, quasi altrettanti della DC. Enrico Berlinguer tiene l’ultimo comizio a Milano in piazza Duomo. A scuola nella classe di mia figlia, 9 anno, quasi tutti stanno preparandosi per la prima comunione e parlano dei regali che riceveranno. Viviana è triste. Laura ed io abbiamo comprato un bellissimo orologio. La portiamo in piazza Duomo e, in mezzo a cento mila persone, le diamo l’orologio con la benedizione di zio Enrico.
Nel 1976 il Partito ottiene il 33% alle elezioni politiche, Pietro Ingrao viene eletto Presidente della Camera dei deputati e il Partito entra di fatto nella maggioranza, pur senza far parte del governo. Moro, l’artefice dell’accordo con il Partito viene ammazzato e lascia il posto al governo Andreotti, Alle elezioni , subito dopo nel 1079 il Partito scende al 30%, incomincia un declino che proseguirà durante fli anni ’80.
L’ultima grande vittoria, che infiamma i nostri cuori è quella dell’Ulivo, guidato da Romano Prodi e Walter Veltroni, che conquistano la maggioranza di governo alle elezioni del 1996 con il 43% dei voti. Poi la crisi del governo Prodi apre alle sciagurate ,maggioranze che vanno dagli ex di Rifondazione Comunista di Armando Cossutta fino all’ UDR di Clemente Mastella.
Nel 2007 nasce il PD, a vocazione maggioritaria, proprio mentre si spegne l’ultimo governo Prodi, e , in contrasto con il manifesto del Lingotto, si allea per le elezioni del 2008 con il Partito Radicale e con Di Pietro, che lo lasceranno alle prime riunioni del Parlamento. Solo i disastri del governo Berlusconi daranno al Partito una grande chance di ritornare al governo nel 2013, in concomitanza però con la forte ascesa del M5S e dell’astensione dal voto. I governi guidti prima da Letta, poi da Renzi e da Gentiloni saranno, di fatto, governi di minoranza. Bisognosi del supporto dei gruppi usciti da Forsa Italia.
Ora sento il bisogno di una Rifondazione ‘democratica’, che parta da una visione degli anni Duemil
Il Manifesto del Partito Comunista di Marx (1848) si apre con la frase ‘Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro del comunismo’.e si chiude con il famoso proclama: ‘PROLETARI DI TUTTI I PAESI, UNITEVI!’.
Nel 1971 scoppia a Parigi la Comune, la prima rivoluzione comunista, e Eugène Potter scrive il testo della canzone Internazionale , diventata poi l’inno del Comunismo mondial
In piedi, dannati della terra, In piedi, forzati della fame!
La ragione tuona nel cratere, E’ l’eruzione finale.
Del passato facciam tabula rasa, Folle, schiavi, in piedi! In piedi!
Il mondo sta cambiando base,Non siamo niente, saremo tutto!
È la lotta finale,Uniamoci, e domani,L’Internazionale Sarà il genere umano.
Su, lottiam! l'ideale nostro alfine sarà l'Internazionale futura umanità!
Nel 1937 in Spagna una parte dell’esercito, guidata dai fascisti del generale Franco, tenta un colpo di Stato contro il governo della Repubblica Democratica, costituito dopo le elezioni dell’anno precedente. Scoppia la guerra civile. Il governo repubblicano è isolato, data la politica di non intervento della Società delle Nazioni. Ai partiti socialisti e comunisti di tutto il mondo appare subito chiaro che, in Spagna, si gioca una partita chiave nella battaglia contro il fascismo. Da 52 Paesi arrivano in Spagna oltre 40.000 volontari, di cui quasi 4.000 italiani. Si costituiscono le brigate internazionali. L’Unione Sovietica fornisce armi e sostegno. Nelle brigate internazionali combattono fianco a fianco intellettuali e operai. Dopo quasi due anni di guerriglia, Franco, con il sostegno delle truppe e dell’aviazione di Hitler e Mussolini, entra a Madrid.
Albert Camus membro delle brigate internazionali insieme ad altri intellettuali come Hemingway, scrive nel 1947: Sono nove anni che gli uomini della mia generazione hanno il macigno della Spagna nel cuore. Hanno scoperto che è possibile avere ragione ed essere sconfitti. Ciò spiega perché hanno vissuto il dramma spagnolo alla stregua di una tragedia personale.
Dal 1947 al 1949 i comunisti del mondo intero hanno seguito con passione l’avanzata delle brigate di Mao Tze Dong contro il governo di Ciang Kai chek, costenuto dagli americni in Cina, fino al suo ritiro nell’isola di Formosa. Nel 1952 tutti i partiti comunisti salutano l’ingresso di Castro e il Che a l’Avana, un avamposto del comunismo a 100 miglia dagli Stati Uniti. Nel 1968 il comunismo mondiale saluta la ritirata degli americani dal Vietnam del Sud e la riunificazione del Paese guidato da Ho Chi Min e dal generale Giap-
Nel nostro cuore le vittorie internazionali hanno un posto speciale, abbiamo una visione mondiale, aspettiamo con ansia altri Vietnam o Cuba. Soltanto dopo i fatti di Praga del 1968 perdiamo la speranza di un mondo nuovo guidato dall’Unione Sovietica. Ci siamo cullati troppo a lungo in questa illusione.
Gli anni ’80 sono contraddistinti dalla globalizzazione mondiale dei mercati e dell’economia capitalistica, si sta aprendo una nuova era per un internazionalismo, fondato su altri valori, la tutela dell’ambiente, l’emancipazione dei popoli dell’Africa, la difesa della pace contro le guerre locali, dal medio oriente all’Africa, al sud est asiatico.
E’ tempo di rivedere la scala dei nostri valori, tenendo conto dei movimenti internazionali.
Primo è Karl Marx, che, con l’amico Engels, ha elaborato e firmato il Manifesto Comunista nel 1848. Nato a Trevi in Germania, dopo la laurea in filosofia all’Università di Bonn, fa parte del gruppo dei giovani hegeliani. Approfondisce gli studi in economia e partecipa attivamente alle prime lotte sociali. Perseguitato, va a Parigi, da dove sarà presto allontanato per il sostegno dato ai moti del 1948. Si stabilisce a Londra dove scrive la sua opera principale, il Capitale, che costituisce la base del Marxismo. Partecipò attivamente anche alla fondazione di un Partito socialista e diventa una figura importante nella Prima Internazionale (1864–1876).
Nel Pantheon dei padri del socialismo io ci metto anche lo storico della Rivoluzione francese, Jean Jaures, primo capo di governo socialista nell’Europa del fine Ottocento.
Vladimir Iljc Ulianov, detto Lenin, nasce a Simbirsk, in Russia. nel 1970. Dopo l’esecuzione del fratello per aver partecipato a una rivolta, nel 1987, Lenin diventa un attivista del movimento studentesco. Si laurea nel 1993 in giurisprudenza e nel 1994 partecipa alla fondazione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo. Esiliato, prima in Francia e poi in Svizzera, rientra clandestinamente in Russia per dirigere prima la rivoluzione del febbraio 1917 che destituisce lo zar e poi la rivoluzione di ottobre, quando i bolscevichi, diventati maggioranza, cacciano i menscevichi ( detti i rapanelli perché rossi fuori e bianchi dentro) e con quistano il potere. Lenin capo del governo, delega Trotzky a trattare la pace di Brest Litovsk. Con la sua opera principale ‘Che fare?’ Lenin si interroga sul modo di affontare la grave crisi economica e lancia la Nuova Politica Economica, una fase intermedia di passaggio al socialismo. Nel 1924 muore a soli 54 anni, Stalin prende il potere e costringe all’esilio Trotzky.
Rosa Louksemburg, nasce in Polonia nel 1871, arriva giovanissima in Germania e ne prende la cittadinanza. E’ propugnatrice del socialismo rivoluzionario. Si oppose sia alle posizioni moderate del revisionismo all'interno del Partito Socialdemocratico di Germania e dell'Internazionale (dei quali fu a lungo una esponente di spicco), sia al centralismo democratico propugnato da Lenin e conseguentemente alla prassi rivoluzionaria dei bolscevichi. Fonda, la Lega Spartachista e viene uccisa dai Freikorps durante la fallita rivolta contro la Repubblica di Weimar
Dolores Ibarruri, alias la Pasionaria, nasce in una famiglia di minatori nel 1996. A 20 anni sposa Ruiz, sindacalista, che viene imprigionato pochi anni dopo. Dedica i primi 20 anni della sua vita politica guida le lotte dei minatori e nel 1936 viena eletta in Parlamento. E’ l’icona della guerra contro la rivolta fascista di Franco. Nel 1939 si ritira a Mosca; Nel 1944 viene eletta segretario generale del Patito Comunista. Ritorna in Spagna nel 1975, dopo la morte di Franco.
Lev Trotzky, nasce a Janovska , in Russia, nel 1879. E’ il più stretto collaboratore di Lenin, fino alla sua morte. Viene cacciato da Stalin e, dopo molte peripezie, arriva in Messico nel 1937, dove viene accolto da molti intellettuali, Diego rìRivera e Frida Kahlo. Onda l quarta internazionale, è il teorico della rivoluzione permanente, da attivare in molti Paesi. Viene assassinato in casa nel 1940 da un commando inviato dall’Unione Sovietica.
Antonio Gramsci è il padre del comunismo italiano. Fondatore del PCI nel 1921, e de l’Unità nel 1924, viene incarcerato nel 1926. Nel 1934, in seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove trascorse gli ultimi anni di vita. I suoi scritti Quaderni dal carcere costituiscono le fondamenta dell’ideologia della via italiana al socialismo. Il concetto fondamentale è l’egemonia, ossia l’autorvolezza, la guida riconosciuta al Partito, dalle altre forze politiche e sociali, nella costruzione del nuovo ordine sociale.
Ci sono anche altri grandi rivoluzionari , soprattutto uomini d’azione più che pensatori, come Mao Tze Dong, Castro e il Che, Salvador Allende, Ngo Guyen Giap e altri, generali, condottieri, diventati poi capi di governo.
Il mio pensiero va anche a Pablo Neruda, massimo poeta cileno, perseguitato dal Cile di Pinochet, interpretato da Philippe Noiret bell’indimenticabile film il Postino con Massimo Troisi.
Nell’autunno-inverno 2012/2013 un gruppo di intellettuali e di professionisti si riunì a lungo per riflettere sui valori di un Paese moderno re democratico, che parevano smarriti, in particolare nel dibattito elettorale dei primi mesi del 2013.
Ne uscì un manifesto,Ethosphera, il cui concetto centrale era l’Etica, da ricostruire a livello di individui, di famiglie, di istituzioni e di imprese.
Un’Etica laica fondata su valori fondamentali per la corretta gestione di una collettività e, soprattutto, per un suo sviluppo equilibrato.
Stante la situazione alla fine dell’anno 2019, mi pare che gran parte di questi valori possano essere riproposti come i valori di un Partito Democratico in sintonia con le attese dei diversi strati della società italiana.
Naturalmente per rifondare il Partito non basta una riflessione sui valori, occorre anche riflettere su una nuova forma Partito, sulla organizzazione, sulla classe dirigente, sulla funzione sociale del Partito, sulla sua collocazione rispetto a sindacati e altri movimenti, sulla solidarietà, sulla collocazione internazionale da dare al Partito, sulla sua strategia.
Sono questi i temi che cercherò di affrontare con il massimo della sintesi e,spero, della chiarezza. Mi auguro che queste idee possano essere approfondite attraverso un dibattito quanto più ampio possibile.
Incominciamo dai valori fondanti per il Partito degli anni 2020.
La forma Partito piramidale che dal centro scende verso la base è in via di superamento perché non più adeguata nell’era del web. In Italia c’è ancora una parte della popolazione che non utilizza Internet, quasi tutti anziani, di modesto livello culturale. C’è un’altra parte, consistente, che utilizza Internet solo per intervenire su fatue chat dei social.
Ma un Partito che voglia guardare al futuro e ai giovani deve farsi portabandiera della Rete.
Ciò non significa allontanarsi dal territorio per diventare un Partito virtuale che prende forma solo su Internet.
Anzi, significa dare nuova vita alle sedi dei circoli sul territorio, trasformandole in luoghi di incontro , di internet point della politica, aperti a tutti i cittadini che hanno bisogno di accedere alla Rete, per risolvere un problema, per esporre una richiesta, per fare una proposta.
Tutti i componenti di un’assemblea di circolo devono essere utenti della Rete e connessi alla sede del circolo, quindi on line su problemi, richieste, proposte dei cittadini. Periodicamente, per esempio ogni due o tre mesi, il segretario convoca l’assemblea, inviando a ogni componente, almeno una settimana prima, una sintesi del materiale raccolto, redatta dalla segreteria.
Compito primario del Partito è incentivare la partecipazione attiva degli iscritti e dei cittadini, attraverso la Rete, partendo dal contatto personale. E’ una evoluzione che può avvenire solo gradualmente, mantenendo vive, in una prima fase, entrambe le forme Partito,quella tradizionale e quella gestita con Internet.
Fino ad oggi il M5S ha avuto l’esclusiva dell’uso della Rete, in forme tutt’altro che democratiche, dato che hanno accesso alla piattaforma Rousseau, gestita da Casaleggio, soltanto un numero limitato di elettori ( meno di 100.000),
accuratamente selezionati. Ma i giovani sono stati comunque conquistati da questa immagine di modernità.
Il PD sbaglia a ripercorrere la stessa strada. La Rete non può essere solo uno strumento di immagine, la Rete deve essere lo strumento che consente al Partito di essere on line con le attese dei cittadini, lo strumento che i cittadini imparano a usare per far crescere l’economia del Paese.
La Rete avvicina la base al vertice del Partito, permette al vertice del Partito di interagire con la base, soprattutto nei momenti in cui vengono prese decisioni cruciali.
L’opinione pubblica on line è una rivoluzione in ambito politico, dove prevale ancora la prassi delle riunioni infinite, del linguaggio ermetico, delle dichiarazioni che si smentiscono a livello di pochi giorni, dei pochi uomini al comando che non esitano a prendere decisioni contrarie alle promesse fatte in caqmpagna elettorale.
La consultazione on line dei cittadini e degli iscritti al Partito non vuol dire deresponsabilizzazione degli organismi dirigenti. A loro, non all’opinione pubblica, spetta prendere le decisioni, ma devono conoscere l’opinione dei cittadini.
Il Partito deve essere in sintonia con l’opinione pubblica , ed è possibile esserlo soltanto utilizzando la Rete.
In questo modo il Partito diventa moderno e democratico, perché contribuisce a diffondere l’uso della Rete per scopi diversi dalle chat.
Le chat appartengono all’area dell’intrattenimento, necessarie per lo svago quotidiano e per le relazioni con amici vicini e lontani, ma l’uso della Rete deve essere esteso in Italia all’informazione, all’utilizzo dei sevizi pubblici, alla partecipazione politica e sociale.
L’Italia è in ritardo sotto questo aspetto, al 25.mo posto su 27 Paesi europei , in Europa. E’ un freno alla crescita del Paese, anche economica.
Percià il PD deve farsi portabandiera della Rete
La forma Partito costruita con il supporto della Rete richiede una nuova organizzazione, meno rigida, alternativa all’organizzazione piramidale, dai circoli alle federazioni provinciali, ai Comitati regionali alla Direzione e Segreteria nazionale. Risalendo man mano la piramide gli organismi dirigenti diventano sempre più pletorici, fino agli oltre 200 componenti della Direzione nazionale. Un paradosso per riunioni della durata di circa 4 ore con la possibilità di dare la parola solo a 20 componenti .
Immaginiamo di rovesciare la piramide .
La base diventa per un attimo vertice dell’organizzazione. Le sue attese, i suoi problemi, le sue proposte diventano il centro di attenzione del Partito.
Gli organismi intermedi, Federazioni e Comitati regionali, costituiscono filtri necessari per gestire e distribuire questa massa di informazioni e per incanalarle nelle giuste direzioni, Comuni, Province, Regioni, Livello nazionale.
Queste strutture intermedie sono molto snelle, lavorano in Rete con l’ausilio di gruppi di lavoro specializzati ed elaborano i flussi di informazioni della base, aggiungendo le proprie riflessioni e trasmettendole alla Direzione nazionale.
Facciamo un esempio tratto dall’attualità dell’inizio dicembre 2019.
I sondaggi ci dicono che la Lega di Salvini è in calo, mentre cresce la vecchia destra fascista di Giorgia Meloni. E’ in calo leggermente anche il gradimento del vituperio e della violenza di linguaggio. E’ il momento forse di parlare di un piano nazionale di sviluppo, per esempio come fa Landini, che si rivolge a lavoratori, imprese e governo. E’ il momento di passare a concetti positivi.
Per fare ciò bisogna utilizzare , la Rete, sopratutto a livello nazionale, con un gruppo di professionisti specializzati nella comunicazione, di cui tendiamo sempre a sottovalutare l’importanza. Siamo ancorati al vecchio detto ‘ la verità trionfa sempre’.
L’organizzazione più coerente con questo modo di operare è molto flessibile e snella.
I circoli sono completamente autonomi. E’ opportuno un controllo da parte della segreteria di federazione sulle attività svolte, tramite la Rete, ma non c’è più bisogno di funzionari che intervengano alle assemblee di circolo,se non richiesti dal segretario di circolo.
La segreteria di federazione si occupa di elaborare le politiche a livello provinciale, di coordinare l’attività dei circoli e di indirizzarne le conclusioni al livello superiore. Lo stesso vale nel rapporto fra federazioni e Comitati regionali. La segreteria nazionale analizzai rapporti dei Comitati regionali e riporta le conclusioni tratte alla riunione della Direzione nazionale, composta da non più di 100 membri, la cui durata è di una intera giornata per consentire a circa la metà dei membri di intervenire. Ogni riunione, a tutti i livelli, è sempre preceduta dall’invio a tutti i componenti di una sintesi del rapporto che verrà presentato, in modo da consentire anche interventi in Rete.
Ai livelli superiori alla base, provinciale , regionale ci deve essere un dirigente in grado di interagire con eventuali richieste del livello inferiore e con i componenti del potere politico ( consiglieri, assessori e sindaci, governatori, parlamentari e ministri)
Naturalmente questo flusso di comunicazioni non bypassa messaggi e telefonate interpersonali, che restano fondamentali nella quotidianità del lavoro, ma servono a dare veste ufficiale al processo di elaborazione delle decisioni.-
La classe dirigente è composta dai componenti delle segreterie ai diversi livelli, dagli eletti negli organismi di rappresentanza dei cittadini ( consigli comunali, provinciali, regionali, dai parlamentari oltre che dagli altri membri che compongono gli organismi esecutivi.
Chi fa parte degli organismi direttivi del Partito e come viene scelto ?
I componenti dell’Assemblea di circolo vengono scelti direttamente dagli iscritti ed, eventualmente, dai simpatizzanti, ossia da chi,pagando una piccola quota, dichiara di condividere la politica del Partito. In tal modo si consente a tutti gli elettori di concorrere all’elezione dei dirigenti locali, membri dell’assemblea di circolo e candidati alle elezioni comunali. Il segretario di circolo viene eletto, insieme alla segreteria, dall’assemblea di circolo.
I componenti della Direzione provinciale vengono eletti attraverso una consultazione in Rete delle assemblee di circolo, in quota proporzionale al numero degli iscritti. La Direzione elegge la segreteria e il segretario provinciale. La Direzione sceglie anche i candidati alle elezioni provinciali su proposta della segreteria.
Analoga procedura viene seguita per i Comitati regionali.
I Comitati regionali eleggono i componenti della Direzione nazionale. Nell’ambito della Direzione vengono eletti i componenti della segreteria e il segretario nazionale del Partito. La direzione nazionale sceglie anche i candidati alle elezioni politiche. I parlamentari eletti scelgono i loro organi direttivi ( capogruppo e vice). I candidati agli organi direttivi del Parlamento vengono scelti d’intesa fra il gruppo parlamentare e la segreteria del Partito.
I candidati a far parte della maggioranza di governo vengono scelti d’intesa fra gli organi direttivi dei due rami del Parlamento e la segreteria del Partito.
I candidati segretario nazionale del Partito e candidato Presidente del Consiglio possono essere sottoposti alle primarie.
Devono essere eletti a far parte degli organismi dirigenti del Partito anche rappresentanti delle diverse categorie sociali che non appartengono alla categoria dei dirigenti politici. Questi candidati alla Direzione politica, ai vari livelli vengono di norma scelti fra i gruppi di specialisti che affiancano le segreterie provinciali, regionali e nazionale del Partito.
E’ opportuno che almeno metà della classe dirigente del Partito sia composta da ‘non professionisti della politica’, che si distaccano per un periodo di 5 o 10 anni dalla loro attività professionale.
Ciò consente maggior contributo intellettuale, maggior preparazione in tutte le discipline di governo, maggior ricambio della classe dirigente, maggiori opportunità per i giovani di farne parte.
Il ritorno alla propria professione di chi è stato ‘prestato alla politica’ per un periodo limitato permette di avvicinare i rappresentanti delle istituzioni ai cittadini e di evitare il formarsi di una casta.
Ogni dirigente del Partito ha il dovere di essere trasparente sia nella vita pubblica che in quella privata, previo l’obbligo di dimettersi in caso di comportamenti contrari all’Etica.
Lo scopo principale del Partito è la conquista del potere per via democratica, attraverso libere elezioni. Da solo, con la maggioranza dei voti, in alleanza con altri partiti che condividono una parte dei valori e e degli obiettivi da raggiungere, in modo da poter elaborare-insieme un programma di governo.
Ma i nuovi valori di cui il nuovo PD è portatore ( vedi capitolo 11 ),non sono valori condivisi dalla maggioranza della popolazione. Bisogna esserne consapevoli. Una campagna elettorale fondata oggi su valori quali l’ambiente, l’istruzione, la solidarietà, l’etica sarebbe perdente. Bisogna forse rinunciarvi?
Assolutamente no, significherebbe allontanarsi dai valori dei giovani, .voltare le spalle al futuro. Che fare ?
Il PD deve promuovere una sorta di rivoluzione culturale. Per conquistare il consenso bisogna condividere i valori dell’elettorato.. La Lega di Salvini ha condiviso il valore di lotta alla diversità e ha vinto. In caso contrario la comunicazione non è compresa o viene addirittura contrastata.
Il PD deve intraprendere un’ opera di convincimento dell’elettorato a condividere i propri valori. E’ un percorso lungo e faticoso, senza scorciatoie,. lungo il quale inoltrarsi a piccoli passi, secondo un piano programmato:
In ogni comune amministrato dal Partito, piantare alberi e costruire difese contro frane e alluvioni, elevare gli standard di raccolta differenziata (ambiente), motivare la categoria degli insegnanti, ridare loro dignità (istruzione), promuovere l’integrazione degli immigrati, sostenere il volontariato ( solidarietà), dare trasparenza a ogni provvedimento adottato e combattere la corruzione ( etica).
La diversità del Partito deve essere percepita dall’opinione pubblica. Non sono ammessi compromessi su questi valori.
All’interno del Partito è opportuno alimentare un costante dibattito, ma deve poi prevalere un adeguamento alle decisioni prese dalla maggioranza, in modo che le azioni intraprese siano coerenti a tutti i livelli.
Il Partito deve guidare il Paese verso traguardi di modernità, condivisi dalla maggioranza dei cittadini. Il consenso duraturo è fondato sulla fiducia e la condivisione dei valori, non su una effimera promessa di difendere interessi particolari.
Particolare responsabilità nell’esercitare questo ruolo spetta ai dirigenti del Partito, che devono essere un esempio per tutti con comportamenti pubblici e privati adeguati a questi valori.
Il ruolo del Partito si identifica con la guida del Paese, anche all’opposizione.
Il Partito ha una missione più generale, la guida della società, l’affermazione dei nuovi valori. .I sindacati difendono gli interessi delle diverse categorie di lavoratori, pubblici e privati, dei pensionati e di tutti coloro che sono in cerca di lavoro. I movimenti mobilitano l’opinione pubblica intorno alla difesa di specifici valori.
Il Partito, sia esso al governo o all’opposizione si batte per orientare l’economia del Paese verso uno sviluppo sostenibile, capace, per esempio, di creare nuove opportunità di lavoro tutelando l’ambiente. Ha il compito per esempio, di difendere la dignità del lavoro, riducendo la precarietà,salvo crear, in certi casi, posti di lavoro precari, a tempo determinato, per affrontare situazioni di emergenza-
I sindacati nascono alla fine dell’ Ottocento, per difendere i lavoratori da condizioni di lavoro inaccettabili e da salari di fame. Nel corso del Novecento il lavoro viene progressivamente tutelato al punto che i maggiori sindacati scelgono spesso la via della concertazione con la Confindustria, e ricorrono allo sciopero solo in ultima istanza, dopo la rottura delle trattative. Le battaglie sindacali riguardano da un lato il rinnovo dei contratti di lavoro, dall’altro la difesa del posto di lavoro quando l’impresa decide di chiudere un’attività-
Un movimento si forma di fronte a una crisi che coinvolge l’intera società, per esempio un disastro ambientale, oppure il flusso migratorio dall’Africa, piuttosto che il dilagare degli scandali e della corruzione, ecc. Il movimento chiama a raccolta, attraverso la Rete, tutti i cittadini che condividono quel valore ( ambiente, solidarietà, trasparenza, ecc,) con manifestazioni di piazza.
Queste manifestazioni servono ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul fenomeno in atto e a contrastarlo oppure a sostenerlo.
Il Partito non interferisce con le battaglie di sindacati e movimenti.la cui funzione è positiva, in quanto tende a mobilitare lavoratori, pensionati e più in generale l’opinione pubblica ad una partecipazione attiva alla vita pubblica.
Capita tuttavia che una battaglia sindacale possa essere in contrasto con la scelta del governo. Per esempio se il governo decide di disincentivare l’industria pesante in Italia, per salvaguardare l’ambiente, deve indicare le prspettive di riconversione a tutela dei lavoratori che perderebbero il posto di lavoro. Il sindacato invece difende a oltranza il posto di lavoro, ricorrendo allo sciopero. I casi dell’Ilva di Taranto e delle acciaierie di Terni sono esemplari.
Il Partito guarda con interesse ai movimenti e ne sostiene lo sviluppo, perché concorrono alla condivisione più estesa dei valori e perché nella maggior parte dei casi, sono promossi dalle nuove generazioni. Il movimento appena nato, ‘le sardine’, si proclama lontano dalla politica e tale dichiarazione deve far riflettere: è un indicatore della distanza fra i giovani e la politica, il Partito.
Ma solo il Partito può trasformare la spinta di un movimento a tutela di un valore in azione politica concreta, capace di incidere nella vita del Paese.
Se ciò non avviene il movimento, in assenza di risultati, è destinato a estinguersi.
Il Partito deve quindi elaborare una proposta che possa essere condivisa dal movimento. Analogo ruolo di mediazione spetta al Partito nei confronti del sindacato, quando si verificano conflitti di interesse.
E’ la parola più bella e più attuale. È la parola che scalda il cuore dell’uomo e lo rende migliore. Ci ricorda ‘fraternité’ della Rivoluzione francese. ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’, un comandamento che molti cattolici non mettono in pratica. Il ‘prossimo’ sono tutti gli altri senza distinzione di colore della pelle o di fede religiosa. Il giovane africano nero, giunto da noi dopo un viaggio terribile attraverso il deserto e il mediterraneo ha bisogno della nostra solidarietà.
Papa Francesco continua a predicare l’accoglienza , che non è la carità, l’aiutino prestato a chi si trova in difficoltà. La solidarietà implica coinvolgimento dell’individuo, partecipazione attiva alla sofferenza altrui,
volontà e capacità di aiutare chi si trova in difficoltà a superarle, a integrarsi, a costruire condizioni di vita dignitose.
La solidarietà è un valore individuale, laico, non religioso. E’ un valore che il Partito fa proprio e lotta per diffonderlo.
La società solidale è una società che non si dimentica degli emarginati, che sollecita lo Stato a prendere provvedimenti a loro sostegno, con un welfare adeguato, con opportunità di trovare una casa, un lavoro.
La società solidale non è una società socialista, ma una società che raccoglie l’eredità del socialismo. Laici e cattolici operano fianco a fianco per migliorare le condizioni di vita dei disagiati. Le associazioni di volontariato ne sono l’espressione concreta. Il volontariato crea sinergia fra Stato e cittadini, genera rapporti di fiducia reciproca. La scuola, le organizzazioni del Patito, la Chiesa, tutti concorrano a promuovere il volontariato.
Il volontariato va sostenuto con forza dal Partito. E’ nel suo DNA, basti ricordare che cosa era il soccorso rosso, all’inizio del secolo scorso, una sorta di assistenza garantita a chi veniva perseguitato per ragioni politiche.
Se tutti i cittadini fossero coinvolti in qualche attività di volontariato avremmo già un nuovo modello di società.
Siamo abituati a sentir dire e a credere che viviamo in un’epoca di pace.
Soltanto i vecchi di 80 anni o più ricordano l’ ultima guerra mondiale. Ma attualmente sono in corso 23 conflittiin altrettanti Paesi del mondo : Indonesia, Afghanistan, Algeria, Burundi, Colombia, RD Congo, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea-Etiopia, Filippine, Yemen, Israele-Palestina, Libia, Kashmir, Kurdistan, Nepal, Nigeria, Repubblica Centroafricana, siria, Somalia, Sudan, Ucraina, Uganda. Ogni guerra locale, oltre a portare fame e distruzione nella popolazione di quel Paese, costituisce un rischio per la pace dei Paesi confinanti.
La pace è un valore fondamentale per il Partito. Il Partito presta la massima attenzione ai Paesi dove è in corso un cconflitto, mantiene vivi contatti costanti e si sforza di fare opera di mediazione.
Ma l’Italia è un piccolo Paese che,da solo, conta poco sullo scacchiere internazionale. Ecco perché diventa importante costruire un’Europa forte che, con oltre 500 milioni di abitanti, può far valere la propria voce.
Europa forte significa Europa con un governo forte, capace di decidere la politica estera per tutti i 27 Stati che rappresenta. La globalizzazione impone una capacità di reazione alle oscillazioni delle borse internazionali e dei mercati. Perciò, oltre alla politica estera, c’è bisogno di un’Europa forte che possa orientare le politiche di sviluppo economico e decidere le politiche fiscali dei Paesi membri, necessarie per rafforzare la moneta unica, l’Euro.
Le guerre locali, il ribasso dei prezzi delle materie prime indeboliscono l’economia di molti Paesi dell’Africa, dell’Asia e del Sud America, provocando carestie e disoccupazione che spingono i giovani di molte popolazioni a emigrare a cercare altrove condizioni di vita migliori.
La meta di queste migrazioni è quasi sempre l’Europa e, in particolarem i Paesi dell’ Europa meridionale, che affacciano sul Mediterraneo.
Questi flussi migratori vanno ripartiti fra tutti i Paesi Europei, ma non basta. L’Europa deve proporre un piano di investimenti pluriennale per favorire lo sviluppo economico dei Paesi africani, in modo da creare le condizioni di un contenimento dei flussi migratori.
Il futuro dell’Italia sta nell’Europa. Il Partito è europeista.
La parola strategia ha perso valore in tutti gli ambiti, famiglia, imprese, governo, negli ultimi decenni. I risultati di breve periodo prevalgono, nelle scelte di ogni giorno, sugli obiettivi strategici.
Per tutto quanto detto sopra, risulta evidente che il Partito deve darsi una strategia di lungo periodo. C’è bisogno di una profonda trasformazione della società. del modo di pensare e di vivere dei cittadini per approdare a un nuovo modello di società. Non può essere oggetto di una campagna elettorale. Bisogna procedere passo passo, avendo ben chiaro l’obiettivo da raggiungere. Una strategia da delineare e da tenere come punto di riferimento nelle attività di breve periodo, si tratti di alleanze, programmi di governo, decreti o altri provvedimenti legislativi.
Può essere necessario, a volte, fermarsi o rallentare il passo, senza mai perdere la direzione tracciata dalla nostra strategia.
La strategia non è un piano quinquennale da attuare a tappe forzate, è soltanto una bussola, una guida per non perdere l’orientamento.
Il concetto di strategia va condiviso con le altre forze politiche e sociali per evitare il formarsi di attese inattuabili, fonti di possibili conflitti.
Una strategia non ammette le scorciatoie che illudono di raggiungere rapidamente l’obiettivo. Nell’autunno 2007 Veltroni lanciò il PD, con la strategia di partito a vocazione maggioritaria per cambiare la società.
Pochi mesi dopo, nel tentativo di vincere le elezioni del marzo 2008, il PD si alleò con Radicali e Italia dei Valori. Venne meno alla sua strategia e sub+ una sonora sconfitta. Analogamente nel 2012, con il berlusconismo in piena crisi, il PD si alleò con Forza Italia nel governo Monti, compromettendo il risultato delle elezioni politiche del marzo 2013, quando il vero vincitore fu il M5S e il PD perse alcuni milioni di vori.
Tattica, cogliere le occasioni del momento, e strategia perseguire un obiettivo più distante nel tempo, devono essere coordinate, ma la tattica va subordinata alla strategia.
L’innovazione è alla base della crescita e dello sviluppo del Paese. L’Italia ne è potenzialmente dotata, ma questa dote va coltivata. Sono molti i giovani italiani che concorrono a importanti scoperte e brevetti, ma molti raggiungono questi risultati all’estero, dopo aver lasciato l’Italia. Bisogna fermare questa fuga di cervelli.
L’innovazione deve essere accettata. L’Italia è un Paese molto legato alla tradizione. L’innovazione significa cambiamento.
La Regione toscana ha creato da alcuni anni una serie di servizi on line, fra cui il fascicolo sanitario. Ogni cittadino dotato della sua Carta sanitaria e di un lettore della carta ( piccolo apparecchio rilasciato dalla ASL) può accedere al suo fascicolo sanitario dove sono registrati tutti gli eventi che lo riguardano,, medicine acquistate, referti di visite specialistiche ed esami fatti, ricoveri ospedalieri. In caso di malattia, dovunque ci si trovi, basta collegarsi a Internet per disporre di tutta la documentazione.
La maggior parte delle persone preferiscono seguire il percorso tradizionale dei referti ricevuti a casa per posta, con dispendio notevole di risorse per la Regione Toscana. Questo è solo un piccolo esempio.
Non basta realizzare servizi digitalizzati per essere un Paese moderno, bisogna che i cittadini siano disponibili a utilizzarli.
La Rete, Internet, è il più clamoroso esempio di innovazione, trasversale a tutti i settori di attività, ma, ancora oggi la Rete viene utilizzata solo da una minoranza per le potenzialità di servizio offerte.
Il Partito in primis deve utilizzare la Rete su larga scala e farsene promotore. L’esempio dato dagli iscritti è il miglior incentivo a convincere gli altri.
Privilegiando le forme tradizionali di comunicazione e organizzazione il Partito disperde preziose risorse economiche e dà un pessimo esempio in tema diapertura all’innovazione.
L’innovazione può dare un grande contributo alla tutela dell’ambiente, al rinnovamento dell’istruzione, a creare maggiori opportunità per i giovani, a migliorare welfare, giustizia, sport e spettacoli, a creare posti di lavoro.
Il Partito deve comprendere che se non si afferma nella società, a livello di individui e famiglie, una coscienza civile, un’ Etica della responsabilità, qualunque sforzo fatto da un governo, pur guidato dal Partito, sarà senza risultati concreti o quasi. La maggior parte dei provvedimenti resteranno lettera morta.
Le battaglie per l’etica, per la cultura e l’innovazione sono battaglie di lungo periodo, sono battaglie strategiche.
Il Partito deve farsene portabandiera. Sono le priorità del terzo millennio.